All’ospedale Riuniti di Anzio e Nettuno, che da anni è il punto di riferimento per una vasta area del litorale laziale, la situazione sanitaria è ormai al limite del collasso. Le strutture, sempre più affollate e scarsamente equipaggiate, non riescono a garantire nemmeno le necessità basilari di assistenza ai pazienti. In un contesto di grave carenza di personale, risorse e infrastrutture, l’assistenza sanitaria che dovrebbe essere tempestiva e dignitosa, diventa un privilegio per pochi e un lusso irraggiungibile per molti. I racconti che emergono dai corridoi di queste strutture sono testimonianze di un disagio che sembra ormai irreversibile.
Un’attesa estenuante: il racconto di una cittadina
A raccontare uno degli episodi più emblematici è una donna che, lo scorso fine settimana, si è recata al pronto soccorso di Anzio per difficoltà nel camminare. Le sue parole descrivono un’esperienza surreale: “Sono arrivata al pronto soccorso con dolore e difficoltà a camminare, ma dopo ore di attesa, la situazione è diventata insostenibile. Dopo quattro ore, finalmente mi è stato concesso di vedere un medico. Ma quando mi ha vista, non ha potuto fare altro che dirmi che non c’era una sedia a rotelle disponibile, come se fosse una cosa impossibile da trovare. Alla fine, il medico stesso, piuttosto che continuare a farmi aspettare, mi ha preso sotto braccio e mi ha aiutata a camminare, quasi più mortificato di me. Mi sono sentita umiliata. In un ospedale pubblico, mi aspettavo almeno il minimo indispensabile, e invece mi sono trovata a dover chiedere aiuto per una sedia a rotelle che non esisteva”.
La cittadina, che ha preferito restare anonima per evitare ripercussioni, racconta anche di come fosse evidente la scarsità di risorse, ma ciò che ha davvero colpito la sua sensibilità è stata la difficoltà del personale di affrontare anche le necessità più basilari. Una sedia a rotelle, fondamentale per la mobilità dei pazienti, non era disponibile, costringendo il medico a ricorrere a soluzioni improvvisate. Questo episodio, purtroppo, non è isolato, ma fa da specchio a una realtà di totale disorganizzazione e assenza di un piano di gestione adeguato.
Sovraffollamento, abbandono e mancanza di privacy
Dentro il pronto soccorso di Anzio, l’immagine che si presenta a chiunque vi acceda non è meno sconvolgente. Le barelle sono tutte occupate e i pazienti sono costretti a stare in attesa per ore, spesso senza la minima privacy. Anziani in condizioni precarie giacciono su letti improvvisati. In un angolo della stanza, uno di loro è stato trovato nudo, con una maschera per l’ossigeno sul volto, mentre attendeva di essere visitato. Le sue condizioni erano gravi, ma nessuno sembrava accorgersene. La scena ha colpito particolarmente una testimone, che ha raccontato: “Era come se quel paziente fosse invisibile. Nonostante fosse in una condizione visibilmente delicata, nessuno si è avvicinato a lui per assicurarsi che fosse a posto. Non c’era nemmeno una tenda che potesse dargli un minimo di privacy, un po’ di dignità. In quel momento ho pensato: ‘Se questo è il sistema sanitario a cui ci dobbiamo affidare, siamo davvero in pericolo’”.
Un clochard al pronto soccorso
Non meno drammatica è la condizione di una persona senza fissa dimora che, ormai da settimane, sembra aver preso dimora nella sala d’attesa del pronto soccorso. I suoi effetti personali sono sotto una sedia, e tra gli altri pazienti che aspettano di essere visitati, l’uomo vive una realtà fatta di indifferenza e solitudine. “Nella sala d’aspetto c’era un senzatetto, con tutte le sue cose sistemate in un angolo. Vive lì ormai, nessuno gli dice nulla. Non so se sia stato dimenticato o se non ci siano abbastanza risorse per gestirlo, ma la verità è che nessuno si preoccupa. Non è neppure assistito. È come se facesse parte del mobile, come un oggetto dimenticato in un angolo”, racconta un altro paziente che attendeva la visita.