«Era in mezzo a noi, tranquillo. Ci aspettavamo la scorta, tanta scorta e, invece arrivò da solo. È stato con noi, in mezzo a noi». Questa è una delle tante testimonianze di chi ha conosciuto Papa Francesco in visita in carcere, nelle periferie, nei centri storici.
E, ancora, molte detenute e detenuti hanno dichiarato che dopo l’incontro con il Papa hanno cambiato la loro percezione della vita, che era subentrata una prospettiva nuova nell’immaginare il proprio futuro.
A San Pietro si stanno riversando migliaia di fedeli e tante, tantissime persone non credenti. Sì. Laici, atei, agnostici. Il racconto di queste giornate lo abbiamo voluto iniziare con queste testimonianze: gli ultimi e coloro che non hanno una fede cattolica tutti insieme a porgere l’ultimo saluto a Papa Bergoglio.
«Ho incontrato un uomo vestito da Papa» è l’affermazione che più ci ha colpito. Francesco è questo -non è un errore del tempo verbale- la parola, i pensieri, i richiami sono oggi, più che mai, un richiamo urgente, presente, futuro.
La strada tracciata da Francesco è un cammino verso la Pace, la Dignità, l’Accoglienza, l’Umiltà.
Parole chiave che trovano riscontro anche nella scelta di essere esposto in una bara semplice, come tutti i cristani. Senza catafalco è, infatti, concesso il saluto.
Una scelta forte, quasi un invito a raccoglierci. Ad incontrarci, conoscerci, ricososcerci.
Francesco così comunicativo, attento alla comunicazione, con un’attenzione particolare per i giornalisti, per gli operatori della comunicazione che da subito ha ringraziato e mai dimenticato di ricordare, questa scelta -forse- è per renderci tutti uguali. Certo, il lavoro della cronaca non si ferma, non si deve fermare ma al cospetto di questo feretro, ci piace pensare, che abbia pensato anche a noi. Uomini e donne che nel lavoro possano beneficiare di qualche minuto privato per vivere appieno il momento. Credenti e non.
Benché sia stato social e sociale, attento alla comunicazione e, sempre, sempre al fianco dei giornalisti. Una scelta che, vogliamo immaginare, anche per evitare di essere fotografato, filmato. Arrivando davanti a questo corpo senza vita tutto si può, si potrebbe, fare tranne che immortalarne l’eterna posa.
E, invece, dopo aver atteso anche per due ore per arrivare al cospetto del feretro si notano pochi, veramente pochi, in raccoglimento. Si tratta di pochissimi secondi. L’enorme quantità del personale aiuta a far scorrere le persone -siamo in tanti- e a tutti deve essere garantito il saluto. Troppi, invece, troppi con il telefonino e il braccio allungato in alto -assicuriamo che si intravede il corpo- per fotografare, filmare il feretro. Questa è l’immagine moderna: la tecnologia ha prevaricato i sentimenti anche in questa occasione. Non dovremmo essere sorpresi e invece quel «Pregate per me» risuona nella mente di chi scrive e, ci sconcerta il trasferimento inanimato dell‘emotività. La necessità di avere un filtro nelle emozioni, nella memoria della mente, nel ricordo dell’esserci privato.
Ma nella lunghissima fila alcuni portano un fiore, una pianta. Volti e voci di un silenzio rumoroso. Un megafono di sofferenza. Lacrime che rigano visi di giovani, adulti arrivati da tutto il globo. Poi, bambini che nella percezione mantengono la forza della gioia, del saluto giocoso: carezze, vogliamo pensare, per chi ha la coscienza che la morte fisica è solo un passaggio della vita.
Nell’attesa delle esequie tante parole saranno scritte, intanto, coloro che si cimentano nella numerologia, nei segni hanno da interpretare: il Vescovo di Roma ha lasciato questa vita nel giorno del compleanno della città Eterna e, il caso ha voluto nel giorno dell’Angelo.
Foto Luca Neve