Lettera aperta ai consiglieri comunali di Anzio
Una forte motivazione mi ha spinto a prendere l’ iniziativa di scrivere questa lettera a voi consiglieri comunali della mia città: la speranza di fornire un contributo utile a fare chiarezza su una scelta apparentemente quasi futile, la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, perché ritenuta puramente simbolica.
Credo sia necessario partire da due obiezioni che prevalentemente, non solo da destra, vengono usate per giustificarne il rifiuto. Alla prima ‘non si può cancellare la storia’ è giusto confermare che non si vuole assolutamente fare una cancellazione, al contrario operare nel più rigoroso rispetto dei fatti accaduti e, riportandoli alla luce,analizzarli per il loro reale significato. L’altra che reputa inutile tornare su una scelta compiuta più di cento anni fa, perché abbiamo cose ben più importanti a cui pensare,merita una attenzione particolare, essendo al centro del dibattito attuale: la fragilità della nostra democrazia.
In merito alla prima obiezione occorre ricordare che i comuni italiani furono indotti da una circolare del sottosegretario Giacomo Acerbo,del 7 maggio 1924, a conferire la cittadinanza al duce. La circolare che invitava i prefetti a sollecitare i comuni entro il 24 maggio alla decisione, mirava a far coincidere tale esaltazione del duce con la ricorrenza dell’anniversario dell’entrata in guerra italiana nella grande guerra.
Il governo Mussolini , siamo nel 1924, era stato appena nominato e,dopo le elezioni del 6 aprile dello stesso anno, la città di Roma aveva conferito,in occasione del 21 aprile,anniversario della sua fondazione, la cittadinanza onoraria al duce,appena nominato dal re. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giacomo Acerbo, anch’esso di fresca nomina ,ispirato dal clamore positivo dell’atto, pensò bene di sfruttare l’idea estendendola a tutti i comuni. Lo scopo della massiccia operazione di propaganda era finalizzato a cercare di nobilitare una figura, fino allora conosciuta come capo di un partito violento,arrivato al potere attraverso aggressioni a sedi di giornali,di partito,di sindacati. Noto per aver assassinato avversari politici e per aver condotto una campagna elettorale, caratterizzata da minacce di ogni genere,violenti scontri e brogli elettorali. Il listone nazionale, che raccoglieva di tutto creato da Mussolini, vinse le elezioni e si assicurò i due terzi dei deputati. Ma in parlamento si levò una voce a denunciare tali nefandezze quella di Giacomo Matteotti con il suo coraggioso discorso, all’insediamento del governo Mussolini. Discorso che, come tutti sappiamo, poco dopo costò la vita al deputato socialista, ucciso barbaramente nel giugno successivo.
Siamo alla vigilia delle leggi ‘fascistissime’,il potere era stato agguantato con la violenza, ora si doveva consolidare attraverso la costruzione del consenso. Le strade erano due: l’una, usata fino allora, la violenza che si continuò ad usare contro gli avversari politici; l’altra attraverso la propaganda politica, iniziando con l’operazione cittadinanza onoraria al duce, che potesse nobilitare l’immagine di un governo e del suo capo. L’operazione del conferimento della cittadinanza al duce non fu quindi un mero atto simbolico, ma lo strumento comunicativo per avviare una campagna propagandistica a vasto raggio, che si avvalse in seguito di altri mezzi efficacissimi per penetrare nei meccanismi del consenso. Si era ancora in una fase di passaggio, attivi erano i consigli comunali,i sindaci,gli apparati dello stato liberale, la libera stampa ,i partiti,i sindacati, spazzati via, da lì a poco, proprio con la emanazione delle leggi ‘fascistissime’. Con la presenza ancora di istituzioni libere e democratiche non fu quindi facile per Acerbo ottenere il risultato, che sappiamo fu raggiunto nella maggioranza dei comuni italiani, perché in molti fu necessario sciogliere i consigli comunali,nominare commissari prefettizi e furono loro a decretare l’onorificenza. Anche per il comune di Anzio,la deliberazione è datata 23 maggio 1924 e firmata da un commissario prefettizio. L’onorificenza non fu scelta liberamente,ma concessa sotto l’imposizione governativa. Non vogliamo cancellare la storia,ma al contrario,ristabilire la certezza della memoria. Non si tratta di mancare di rispetto ai nostri concittadini di cento anni fa,ma restituire loro un onore, che gli fu tolto: la libertà di scegliere.
L’altra obiezione riguarda la presunta fatuità di una decisione,la revoca della cittadinanza,considerata una perdita di tempo,in relazione alle urgenze più concrete e prioritarie, che premono sui nostri doveri. Ma riflettiamo un momento sulle difficoltà dell’epoca che stiamo vivendo. Siamo ormai per nostra fortuna da generazioni, abituati alla convivenza civile, alla pratica quotidiana delle relazioni democratiche, che caratterizzano le nostre istituzioni,ma c’è qualcuno che ancora non vede come i valori della nostra democrazia manifestino segnali di fragilità? Di come si affaccino esperienze che segnalano da più parti tentativi di superamento del sistema democratico? Ecco perché è attuale capire fino in fondo quel momento che segnò l’inizio della dittatura fascista. Il metodo usato per conferire la cittadinanza al duce fu la prova generale di una delle leggi ‘fascistissime’ che il governo Mussolini decretò nel marzo del 1926: l’abolizione dei consigli comunali e dei sindaci ,sostituendoli con l’istituzione dei podestà di nomina governativa. Si cancellò in tutto il territorio italiano la rete istituzionale democratica su cui si reggevano le nostre comunità locali. Se vogliamo capire come si difende oggi la nostra democrazia non possiamo sfuggire al dovere di comprendere come è già successo una volta di perderla,perché distinguere i segnali che resero possibile che avvenisse, ci può aiutare ad evitare che avvenga di nuovo. Questa conquista,costata lotte e sacrifici,va difesa quotidianamente con il nostro operare vigile. ‘E’ come l’aria che respiriamo ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare’, insegnamento di Piero Calamandre,riferendosi alla libertà.
Ecco cari consiglieri a voi la decisione. Vittoria Frittelloni