Comunicato di “Reti di Giustizia.Il sociale contro le mafie”
Ad un anno dalla storica Operazione antimafia “Assedio”, a quasi tre mesi dal decreto che ha disposto il commissariamento straordinario del comune e mentre si sta svolgendo il relativo processo presso il Tribunale di Latina, sul territorio di Aprilia continuano ad essere perpetrati atti violenti e intimidatori di estrema gravità: l’ultimo avvenuto nella notte tra lunedì e martedì in via La Malfa con l’esplosione di un ordigno che ha causato danni alle auto parcheggiate e ferito un uomo nel sonno e, per puro caso, non ha comportato conseguenze letali o comunque irreparabili e vittime innocenti.
Il movente non è ancora noto, ma è ormai indubbio, anche a seguito di quanto affermato dal Ministro Piantedosi durante il Question Time del 25 giugno (su interrogazione dell’On. Zaratti), che nel nostro territorio è in corso una “conflittualità armata” tra gruppi criminali per il controllo delle piazze di spaccio, dopo la rottura degli equilibri criminali causata dagli arresti dei principali componenti del Clan autoctono con a capo Patrizio Forniti (tuttora latitante), collegato alla ‘ndrina dei Gangemi.
Oltre al tema, rilevante ma assolutamente limitato e non sufficiente, della sicurezza dobbiamo sempre ribadire (perchè è conveniente non farlo, soprattutto per pezzi della politica e non solo) che le indagini della DIA hanno acclarato “l’esistenza di un’organizzazione criminale, al vertice della quale è stato individuato un soggetto attivo da oltre dieci anni nel settore del narcotraffico nel territorio di Aprilia e aree limitrofe, in grado di influire anche sull’azione amministrativa locale e sulle procedure di assegnazione degli appalti, grazie a una presunta opportunistica interazione con un componente di rilievo dell’Amministrazione comunale, anch’egli tratto in arresto. Un sistema con ripercussioni negative per l’economia legale, atteso che alcuni imprenditori locali sarebbero risultati in collegamento con i componenti del sodalizio al fine di ampliare i propri affari” (Relazione DIA 2024).
Insomma l’esplosione di lunedì notte, come tutti i precedenti atti intimidatori (anche precedenti all’Operazione Assedio), vanno letti in modo organico e mai superficiale, collegando tutti quei punti che non possono che condurre a confermare come il radicamento delle mafie in ogni settore della società (e nelle istituzioni) riduce a cosa privata il bene pubblico e annulla la dignità, i diritti e le libertà di ognuno di noi (per restare sull’attualità, l’esplosione di lunedì notte avrebbe potuto causare vittime innocenti, come un passante o lo stesso uomo colpito da una scheggia nel sonno).
Come Associazione che si occupa di antimafia sociale è nostro dovere continuare ad evidenziare come le mafie non sono solo un problema di sicurezza da risolvere con la repressione ma sono un problema prima culturale, sociale, economico e politico che non può essere combattuto se non con un profondo lavoro di informazione, formazione, consapevolizzazione collettiva, creazione di spazi pubblici, servizi per la collettività e tutela del bene comune: se l’obiettivo è solo la sicurezza non possiamo che continuare ad essere perdenti.
Nonostante i proclami altisonanti “per la sicurezza”, la volontà politica va proprio nella direzione opposta a quella che dovrebbe essere intrapresa.
Ci troviamo di fronte ad un indebolimento della lotta alle mafie e in contemporanea ad un’antimafia sbandierata sempre più finta e meramente celebrativa: si pensi ai limiti temporali per l’utilizzo delle intercettazioni o alle nuove limitazioni per la pubblicazione di notizie, all’abrogazione di un reato spia come l’abuso di ufficio e all’eliminazione dei reati contro la Pubblica Amministrazione dai reati ostativi (ossia da quei reati per i quali non sono previsti benefici penitenziari).
Tra pochi giorni ricorrerà l’anniversario di via d’Amelio, e ci aspettano liturgie stanche e ipocrite: l’esempio più calzante è la Presidente del Consiglio Meloni che dice di essere cresciuta nel mito di Borsellino ma si ritrova contro i familiari di tutte le vittime dei massacri italiani (da Capaci a Piazza della Loggia, dai Georgofili al treno Italicus) che chiedono un nuovo vertice della commissione antimafia (al capo della quale c’è Chiara Colosimo, fortemente voluta da Meloni stessa) in quanto organo totalmente svilito e non intenzionato ad indagare sul serio.
Di fronte a tutto questo, occorre una maggiore resistenza sociale, un impegno diffuso da parte di tutte e tutti, senza farsi trascinare dalle facili chimere della sicurezza che, dopo il ddl sicurezza, è sempre più solo lotta ai più deboli e di certo non al potere mafioso.
E proprio perché non ci piò essere resistenza sociale e culturale senza conoscenza, rinnoviamo l’invito a seguire con attenzione il processo Assedio iniziato il 10 giugno a Latina e la cui prossima udienza è prevista per il 15 luglio.
Reti di Giustizia.Il sociale contro le mafie