
In molti Comuni italiani, esistono specifici regolamenti che obbligano i proprietari di cani a portare con sé una bottiglia per lavare la pipì del cani, in particolare quando si trovano in prossimità di palazzi, negozi, nei centri storici e, in generale, in località in cui tali deiezioni possono recare maggior danno e/o disturbo.
Queste normative che obbligano a usare una bottiglia per la pipì del cane si innestano, oltre che su un contesto di igiene pubblica e rispettosa convivenza civile, su quanto disposto dal Codice Penale che, all’articolo 639, contempla il reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”.
A tale proposito, è interessante notare come la Cassazione Penale, con sentenza n. 7082 del febbraio 2015, abbia assolto un imputato – già condannato per danneggiamento nelle precedenti fasi di giudizio – in virtù del fatto che al momento dell’espletamento dei bisogni del proprio cane aveva con sé una bottiglietta d’acqua, utilizzata nell’immediato per diluire la pipì. Ciò, in quanto l’azione, in tale contesto, si è dimostrata idonea a far venir meno l’elemento soggettivo del reato, dando prova di non voler provocare un danno.
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative che possono colpire chi non porta la bottiglia d’acqua per la pipì del cane, invece, ogni comune può avere regole diverse, è quindi importante informarsi sulle disposizioni locali per evitare multe.
L’esempio di Roma. Nella Capitale, come in molte altre città, è vietato far fare la pipì ai cani per strada, specialmente su muri, angoli, portoni, vetrine e arredi urbani. Chi non rispetta questa norma rischia una multa che può variare da 25 a 500 euro. È quindi consigliabile portare una bottiglia d’acqua per pulire la zona in caso di necessità, o evitare che il cane urini in prossimità di edifici, arredi o beni privati. Ma quanti lo fanno? Molti liquidano la questione con “tanto quando piove la strada si lava”, o anche “quelli che sollevano questo problema non amano gli animali”. Il problema resta aperto.