Si svolgerà a Roma, Martedì 23 settembre, promossa dalla Rete NoBavaglio, un’assemblea pubblica, che vuole essere un momento di riflessione e proposta per trovare una risposta collettiva al senso di impotenza e di orrore, in un tempo segnato da conflitti devastanti, disastri ambientali, genocidi impuniti e una folle corsa al riarmo.
Ore 17.Centro ARARAT – largo Dino Frisullo ( entrata a sinistra ingresso della Città dell’Altra Economia) Roma
Partecipano
– Prof. Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica 2021
– Moni Ovadia, musicista, attore, scrittore
– Tomaso Montanari, rettore dell’Università di Siena
– Domenico Gallo, giurista
– Raffaella Bolini di Stop Rearm Europe
– Francesca Fornario, giornalista e attivista Rete #NoBavaglio
– Clara Habte giornalista “Alziamo la voce per Gaza”
– Modera: Rosa Lella, giornalista Rete #NoBavaglio
-Saluto di Yilmaz Orkan UIKI-ONLUS
Evento organizzato in collaborazione con il quotidiano InliberaUscita
“Sospensione di accordi istituzionali e di ogni contratto economico con Israele,- si legge nel documento di convocazione- no al Piano di riarmo Ue e all’aumento delle spese militari, boicottaggio delle aziende che finanziano e fanno profitto sul genocidio in Palestina, azioni giudiziarie collettive contro aziende e stati che forniscono armi utilizzate in massacri di civili. Richiesta agli enti locali e ai candidati alle prossime elezioni regionali di recepire queste proposte nei propri programmi elettorali. È l’ora di chiedere di più: in un tempo segnato da conflitti devastanti, disastri ambientali, genocidi impuniti e una folle corsa al riarmo, sentiamo l’urgenza di un’azione collettiva che superi le barriere corporative, sociali e nazionali . Noi liberi cittadini, scienziati, artisti, giuristi, economisti, giornalisti, studenti, insegnanti, educatori, lavoratori, liberi professionisti, attivisti politici e per i diritti ci autoconvochiamo: ci uniamo per interrogarci su come costruire un fronte comune e per proporre e decidere nuove forme di lotta per contrastare le scelte disumane dei potenti della Terra.
L’incontro con Giorgio Parisi, Moni Ovadia, Domenico Gallo, Tomaso Montanari, Francesca Fornario, Raffaella Bolini Clara Habte e altre voci autorevoli di tutta la società rappresenta un momento di riflessione e proposta per trovare una risposta collettiva al senso di impotenza e di solitudine e alla domanda che ognuno si pone di fronte all’orrore e alle barbarie contemporanee: “Che fare?”. Alcune azioni dal basso stanno nascendo e si stanno sempre più moltiplicando: dalle chiamate di Last day of Gaza, alle campagne di boicottaggio, dallo sciopero indetto dai cittadini (oltre a quelli proclamati dalle organizzazioni sindacali) fino alla grande mobilitazione a sostegno della Global Sumud Flotilla.
Ma tutte queste iniziative sembrano ancora troppo deboli perché particellizate e spesso divise. Mentre il quadro geopolitico diventa sempre più orribile.
Viviamo in un mondo dove i confini vengono continuamente ridisegnati per giustificare guerre che nessuno vuole. I governi, sempre più oligarchici, agiscono per conservare il proprio potere personale, spesso mascherato da interessi nazionali.
La democrazia viene svuotata. La pace tradita. I diritti umani calpestati mentre i popoli sono costretti a scappare da regimi totalitari perché perseguitati o discriminati per il proprio orientamento politico e di genere.
Migliaia di donne e uomini fuggono da
guerre, da carestie e crisi climatica.
Le emergenze vengono sempre più spesso strumentalizzate per distrarre e controllare i popoli. Ogni nuova crisi – sanitaria, economica, ambientale, militare – viene utilizzata per giustificare misure straordinarie e anestetizzare l’opinione pubblica. Così nella scala delle priorità, vengono normalizzati la guerra, la repressione e il profitto sulla vita umana.
Il genocidio in corso a Gaza, le guerre dimenticate, l’esodo di milioni di civili, il riarmo insensato e le emergenze climatiche: tutto questo è evitabile. È il frutto di scelte politiche precise, che possiamo e dobbiamo contestare con un nuovo movimento globale permanente e con nuove forme di conflitto sociale forti e civili.
Il ruolo della società civile è fondamentale.
Ogni settore della società ha un potenziale per guidare il cambiamento.
Gli artisti parlano alla coscienza collettiva, toccano il cuore e la mente più di qualsiasi editoriale.
I giuristi possono denunciare i crimini e costruire strumenti di giustizia internazionale.
I giornalisti hanno il compito di rompere il silenzio e informare con coraggio.
Gli attivisti, i cittadini tutti sono il motore delle mobilitazioni dal basso.
Gli scienziati possono smascherare le menzogne e proporre un’altra visione possibile della società, gli economisti possono proporre modelli sociali alternativi a un neoliberismo che mostra sempre più il proprio fallimento, generando un sistema di disuguaglianze ormai insostenibile.
È tempo di creare ponti tra mondi diversi, per contare di più. Per incidere con misure concrete su scala globale e locale. Per fermare l’orrore.
Le nostre proposte di azione prevedono la costruzione di una rete transnazionale di mobilitazione permanente, capace di coordinare proteste, boicottaggi e campagne di pressione.
Promuovere il disarmo attivo, con azioni simboliche e concrete come il blocco dei carichi bellici, sull’esempio dei camalli genovesi, che continuano a opporsi al commercio d’armi, considerandolo complice dei massacri in corso.
Sostenere modelli alternativi di convivenza, come il Confederalismo Democratico proposto da Abdullah Öcalan, che supera l’idea di Stato-nazione e promuove la coesistenza tra popoli.
Una svolta che ha portato il Pkk a rinunciare alla lotta armata dopo 40 anni e di chiamare alla lotta politica e democratica in difesa dei diritti del popolo kurdo. Una scelta esattamente in controcorrente rispetto a quella di sostituire la politica con la guerra.
Non c’è più tempo. Serve una chiamata collettiva per lanciare una protesta globale sincronizzata attraverso una autoconvocazione dei cittadini che porti a uno stop delle attività quotidiane, come avvenuto con la sospensione planetaria durante la pandemia del Covid, per dimostrare che anche i popoli possono fermarsi, bloccare tutto e dire basta.
Forse dobbiamo partire da lì, da quel momento in cui – nel pieno della pandemia – il mondo si è fermato e ha riflettuto su una crisi profonda e globale. Ma questa volta la scelta di fermarsi può essere decisa dal basso dal popolo, dalle reti sociali. Da noi liberi cittadini. E creare un linguaggio comune, capace di parlare alle masse e alle grandi organizzazioni sociali: dal mondo del lavoro alla politica, dal volontariato laico a quello interreligioso. Un linguaggio capace di costruire consenso e pressione sui governi.
I grandi della Terra sono inaffidabili. Ma i popoli no.
La Storia ci insegna che, quando le coscienze si risvegliano, nulla è impossibile.
Questo documento è una chiamata all’azione, alla speranza, alla costruzione di un fronte globale per la pace, la giustizia e la dignità umana.
Bloccare l’orrore a Gaza e in altre regioni del mondo è un dovere. È possibile. Insieme. Ora”.