La ASL Roma 6 continua a non raccontarla tutta e l’ospedale di Anzio resta il simbolo di una sanità fatta più di comunicati che di servizi reali. Dopo le inaugurazioni saltate per i reparti non finiti, locali senza porte e servizi annunciati a mezzo stampa, oggi emergono con chiarezza i ginecologi fantasma: nel presidio di Anzio c’è di fatto un solo ginecologo che opera, una condizione che tiene il reparto in emergenza perenne e che rende gravissima la decisione assunta con l’ordine di servizio del 24 dicembre, perché significa affidare la sicurezza delle pazienti alla speranza che non accada nulla fino al 31 dicembre. Ma la ginecologia è solo la punta dell’iceberg, perché all’ospedale mancano anche altri professionisti, medici e infermieri, con turni scoperti e carichi di lavoro sempre più pesanti, in un presidio che continua a svuotarsi mentre si parla di rilancio. Il dato più allarmante resta però la rianimazione ancora chiusa proprio nel momento peggiore dell’anno, con il picco influenzale e l’aumento delle polmoniti che colpiscono soprattutto anziani fragili e pazienti cronici, costretti a essere trasferiti altrove quando ogni minuto può fare la differenza. Di fronte a questo scenario, le rassicurazioni della ASL appaiono fragili e tardive, arrivate solo dopo che la situazione è esplosa sulla stampa, grazie anche al nostro giornale.
Le responsabilità sono politiche e gestionali: il governatore del Lazio Francesco Rocca parla di sanità pubblica da rafforzare, ma ad Anzio i servizi arretrano, mentre il direttore generale della ASL Roma 6 affida la tenuta dell’ospedale a soluzioni temporanee e promesse a scadenza. Più che note stampa, servirebbero scelte strutturali e trasparenza, perché un ospedale non può reggersi sulla precarietà, né la salute dei cittadini può dipendere dal calendario o dalla fortuna che “non succeda nulla.
