(ASCA) – Roma, 24 lug – A sbarco americano gia’ effettuato in Sicilia, settanta anni or sono la riunione del Gran Consiglio del fascismo, il 24 luglio del 1943, metteva fine, per implosione del regime, alla dittatura di Mussolini che aveva preso le mosse a partire dal 31 ottobre 1922. Ventuno anni in cui il dominio dello Stato aveva assunto, via via i caratteri piu’ efferati, sino alle leggi razziali e che avrebbero trovato tragica conclusione con l’avventura del governo di Salo’. Settanta anni fa il voto di un organismo del partito-Stato su un documento presentato da Dino Grandi restituiva al sovrano Vittorio Emanuele III il comando delle Forze Armate che il re aveva ceduto, in spregio allo stesso Statuto albertino, all’autoproclamatosi Duce degli italiani. Si apriva quel drammatico periodo che avrebbe portato all’incarico di guidare il governo al gen. Pietro Badoglio e 45 giorni dopo all’armistizio dell’8 settembre. Gli italiani avrebbero appreso solo due giorni dopo del voto e dell’arresto di Mussolini da parte della monarchia, avvenuto il 25 luglio. La occupazione dell’Italia da parte delle truppe tedesche, alle quali si unirono le forze fasciste repubblichine avrebbe trovato conclusione solo quasi due anni dopo, il 25 aprile 1945, con la emblematica liberazione di Milano da parte delle forze partigiane. La sala del Pappagallo a palazzo Venezia, a Roma, dal balcone del quale Mussolini usava arringare le folle, sarebbe stata testimone di un evento che certificava la bancarotta delle aspirazioni dell’avventura fascista nata con la pretesa di rappresentare le migliori energie della nazione e consumatasi sulla strada di misure liberticide, di insensate guerre coloniali, di smanie di potenza non sorrette da fatti, sino all’ingresso nell’immane crogiuolo della Seconda guerra mondiale in alleanza con i peggiori governi autoritari, a partire da quello di Hitler. La ricostruzione materiale e morale del Paese, il suo percorso verso la democrazia e la liberta’, sarebbero avvenuti, a partire dall’archiviazione del regime, a caro prezzo per la popolazione italiana, gia’ vessata da anni di sacrifici e di guerra. Un prezzo ancora maggiore avrebbero pagato i combattenti italiani inviati sui fronti piu’ disparati in omaggio alla politica di cartone del duce. Il crollo del regime si accompagnava all’avvio di una dura lotta che avrebbe diviso il Paese e lasciato solchi profondi colmati solo negli ultimi anni con il pieno e condiviso riconoscimento della scelta repubblicana operata dal referendum del 2 giugno 1946. Gas/