La riforma del Senato arriva in Commissione a Palazzo Madama. Dopo le esternazioni di Berlusconi a “Porta a porta”, sono in molti a chiedersi se reggerà ancora l’accordo del Nazareno fra Pd e FI. La Proposta di Sel
Matteo Renzi oggi lo aspetta l’assemblea dei dem. Il premier si trova davanti ad un bivio: portare a casa, accettando una mediazione, una riforma costituzionale che non è proprio quella da lui voluta, ma è pur sempre storica; oppure andare avanti “come un rullo compressore” sulla sua riforma, che è anche più coerente con l’attuale assetto istituzionale, ma che rischia di creare uno scontro dentro il Pd con risultati non del tutto prevedibili. Qualcosa di più chiaro ci sarà stamattina (di ieri l’incontro con la relatrice alle riforme Anna Finocchiaro e il capogruppo al Senato Luigi Zanda), all’Assemblea dei senatori Pd. Renzi si presenta consapevole che se medierà sull’ipotesi dell’elezione dei senatori nell’ambito dei consigli regionali potrà sminare il gruppo coalizzato dietro al ddl Chiti (che propongono addirittura un Senato eletto come oggi), ma anche vincere le resistenze di Ncd, e dei maldipanciasti di Forza Italia
Boschi, rispetteremo il Patto con Fi – Intanto prosegue la trattativa con Forza Italia: trattativa affidata anche al vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini che è stato in continuo contatto con Denis Verdini e Paolo Romani, fino a notte fonda. E al Corriere della Sera il ministro Maria Elena Boschi sottolinea che “Berlusconi ha ribadito il sostegno delle riforme e noi siamo abituati a rispettare i patti. Cambiare le regole con una maggioranza che includa l’opposizione è un plusvalore che va preservato”
Sulle riforme anche Sinistra ecologia libertà presenta un ddl costituzionale a firma della capogruppo Loredana De Petris e di tutti gli eletti a palazzo Madama. Punta al superamento del bicameralismo perfetto, alla riduzione dei parlamentari e all’assegnazione al Senato della Repubblica di funzioni legislative esclusive ma anche di funzioni di garanzia e di vigilanza. Il ddl è stato presentato in una conferenza stampa con Loredana De Petris, Nicola Fratoianni e Fabio Mussi. Per Sel il dibattito non può vivere solo all’interno del Pd. Il Senato dev’essere elettivo e no a una Camera alta di nominati. Se il tema sono i costi della politica, è stato sottolineato, nella nostra proposta e nel ddl a prima firma Vannino Chiti si riducono i costi con la diminuzione del numero di eletti. Un testo quello di Sel molto vicino a quello presentato dal senatore PD”.
Saranno quindi tre le bozze che si fronteggiano. Quella elaborata dall’esecutivo (accordo Renzi-Berlusconi) e quella di Vannino Chiti (della minoranza Pd) e quella di Sel. La prima, sul modello del Bundesrat tedesco, prevede che il nuovo Senato sia una Camera bassa non elettiva, composta da 148 senatori, rappresentanti di Comuni e Regioni oltre a 21 membri di nomina del capo dello Stato. I senatori non percepiranno indennità e non voteranno né la fiducia né il bilancio. È sostenuta dalla maggioranza e, in larga misura, anche da FI, anche se, nella sua apparizione da Vespa, Berlusconi ha dichiarato che “il tema della non elettività dei senatori non faceva parte dell’accordo raggiunto con Renzi”. La seconda e (anche quella di Sel) sostiene invece la necessità di un Senato elettivo e riscuote consensi trasversali, da Sel alla Lega. Per Chiti l’ipotesi rigorosa del Bundesrat tedesco (federalismo solidale, con presenza dei soli governi regionali) potrebbe essere condivisa, solo all’interno di una riforma organica che riguardasse anche la Camera e la legge elettorale, perché «la Costituzione esige equilibrio fra le istituzioni e fra i poteri».
Anche il M5S guarda con favore alla bozza-Chiti, in particolare per «la previsione del dimezzamento di deputati e senatori ed il taglio delle indennità, facendo salvi gli equilibri costituzionali fra Camera e Senato, entrambi totalmente elettivi», e propone alcuni «elementi migliorativi di democrazia partecipata e diretta».
Fuori dal Parlamento si discute. Eugenio Scalfari su la Repubblica ha scritto che «Nessuno, tranne il movimento di Rodotà e Zagrebelsky, si oppone all’abolizione del bicameralismo perfetto». Puntuale la replica di Libertà e Giustizia, il movimento in parola che ha promosso l’appello contro la riforma del Senato e del Titolo V: «Entrambi i giuristi hanno sempre affermato che bisogna andare oltre il bicameralismo perfetto».
Stefano Rodotà ricorda il suo disegno di legge del 1985 sul monocameralismo. «Vigeva a quel tempo il sistema proporzionale con le preferenze multiple, c’erano i grandi partiti di massa e regolamenti parlamentari che davano enormi poteri ai gruppi di opposizione. Il nostro obiettivo era dare la massima forza alla rappresentanza parlamentare, mentre oggi la si vuole mortificare». L’idea – chiarisce Rodotà – era quella di «un sistema che abbandonava il bicameralismo perfetto, configurando un Senato di garanzia, privo in particolare del potere di votare la fiducia al governo e di approvare la legge di bilancio». Più lapidario Gustavo Zagrebelsky: «L’insieme della proposta dell’esecutivo mi pare configuri una fuoriuscita dalla Costituzione. Non sono chiari i compiti del nuovo Senato: piuttosto che farne un pasticcio, sarebbe meglio abolirlo del tutto»