Sono 35 i senatori che hanno firmato un subemendamento al disegno di legge costituzionale per ripristinare l’elezione diretta dei senatori (e di questi, 16 sono dem) contraddicendo uno dei capisaldi della riforma del premier
di Claudio Pelagallo
Fronda in maggioranza su Senato elettivo, Trentacinque senatori, di cui 18 della maggioranza (16 del Pd, più Mario Mauro e Salvatore Buemi) hanno depositato un sub-emendamento che ripropone il Senato elettivo. A rischio non è tanto il voto in Commissione quanto quello in aula. In una conferenza stampa alla quale hanno preso parte Vannino Chiti, Felice Casson del PD , Mario Mauro P.I., Loredana De Petris SEL, Francesco Campanella ex M5S, è stato riferito che oltre all’emendamento sull’elezione diretta del Senato, ne sono stati presentati altri, per un numero complessivo di 14 proposte. Esse si riferiscono agli emendamenti presentati dai relatori in Commissione Affari costituzionali del Senato, e saranno quindi votati in quella sede, dove la maggioranza non ha problemi a prescindere dall’accordo con Fi e Lega. I problemi sorgerebbero invece in Aula, dove il governo Renzi ha ottenuto 169 voti al momento della fiducia. Se i 18 non votassero (su un emendamento poi sono 19) diventerebbero determinanti i voti degli altri partiti, come Fi e Lega. Tra i 14 emendamenti ve ne è uno che ripristina quasi il bicameralismo perfetto. Infatti attribuisce al Senato poteri legislativi non solo sulle riforme costituzionali (come fa anche il ddl del governo), ma anche su una serie di altre materie che potrebbero essere ampliate: rapporti con la Chiesa cattolica e le altre confessioni; la condizione giuridica dello straniero, le libertà personali; la libera manifestazione del pensiero; le garanzie processuali; la tutela della salute; diritti politici e sindacali; casi di incandidabilità, ineleggibilità e conflitto di interessi; norme sul referendum, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, la magistratura ordinaria, il Csm; l’esercizio della giurisdizione; la Corte costituzionale. Inoltre per tutte le altre leggi approvate solo dalla Camera, se il Senato chiederà modifiche con una determinata maggioranza, Montecitorio potrà respingere tale richiesta solo con una identica maggioranza (nel ddl del governo basta la maggioranza assoluta).
“Non siamo affatto insensibili al tema dei costi della politica. Spiega la Senatrice di Sel Loredana de Petris– La nostra proposta prevede una diminuzione non solo del numero dei senatori ma anche di quello dei deputati, che andrebbe o dimezzato o portato a 470. Quei costi verrebbero dunque tagliati ben più sostanzialmente di quanto non faccia l’attuale testo. Insistiamo – continua la senatrice– nel chiedere che il Senato resti elettivo. Non c’è alcun motivo per non lasciare al popolo il potere di decidere chi deve rappresentarlo. I criteri di elezione di secondo livello previsti dal testo sono destinati a decurtare fortemente il tasso di democraticità delle nostre istituzioni, dal momento che si tratterebbe di un nomina appena camuffata. Sul piano della funzionalità, poi, l’ipotesi di un senato composto da amministratori regionali e sindaci non si sa ancora come scelti, impegnati cioè in doppio incarico, ha già dato prove fallimentari ovunque, in Italia e in Europa, sia stata sperimentata. La decisione di nominare senatori 100 tra consiglieri regionali e sindaci rende inoltre obbligatorio rivedere il criterio dell’immunità parlamentare. In tutta evidenza non è accettabile, soprattutto in questo Paese e in un momento tanto segnato da corruzione e scandali a livello locale, che alcuni amministratori locali siano più al riparo di altri dalle indagini della magistratura. – e conclude la De Petris– è impossibile, oltre che probabilmente incostituzionale, adoperare criteri diversi per i senatori e per i deputati”.
Ma sul tema riforme acque sono molto agitate anche tra le fila di Forza Italia. Secondo voci certe dopo la riunione del gruppo azzurro a palazzo Madama, quasi i due terzi degli onorevoli forzisti preferirebbero un Senato elettivo e quindi diverso da quello del patto Renzi-Berlusconi. Un’incontro difficile, durante il quale Augusto Minzolini si è fatto portavoce di questa larga fetta di senatori che del nuovo Senato non vogliono proprio sentire parlare.