Ardea-Anzio-Nettuno, Fermiamo le morti sul lavoro

    A livello nazionale, nel 2017, inizio 2018, è salito il numero degli infortuni e dei morti: quasi tre al giorno

    Di Costantino Sacchetto*

    Il tubettificio di Padiglione (Anzio) dove avvenuto l’ultimo incidente sul lavoro

    Caduta dall’alto, investimento o schiacciamento da veicolo, folgorazione. Nonostante i continui appelli contro le morti sul lavoro, queste sono le cause principali degli incidenti con esito mortale a Roma e nel Lazio. Dai dati 2017 dell’Osservatorio sulla sicurezza sul lavoro della società Vega Engineering e dell’Osservatorio indipendente di Bologna di Carlo Soricelli, si evince che, nel quadriennio 2013-2017, ci sono stati 153 decessi sul lavoro, il 40 per cento dei quali proprio a Roma e provincia. Il Lazio l’anno scorso ha meritato un infausto quinto posto in classifica. Negli ultimi mesi anche le nostre pagine di cronaca hanno riportato fatti drammatici, con titoli agghiaccianti:
    “Grave infortunio sul lavoro in un tubettificio di via Nettunense, ad Anzio. Un operaio di 30 anni è rimasto incastrato in un macchinario, mentre lavorava in un reparto della fabbrica.”
    “Pomezia, operaio precipita dal tetto e batte la testa: morto sul colpo.”
    “Incidente sul lavoro a Nettuno, cade dal tetto e muore un operaio di 80 anni.”

    Anche a livello nazionale, nel 2017, inizio 2018, è salito il numero degli infortuni e dei morti: quasi tre al giorno. I dati Inail di fine anno riportano che i decessi sono aumentati del 5,2%, raggiungendo quota 591,29 nel 2017 rispetto ai 562 dell’analogo periodo del 2016. E cresce anche (+1,3%) la percentuale degli incidenti con feriti.

    Perdere la vita sul proprio posto di lavoro è una sciagura inimmaginabile, spesso conseguenza della condizione insostenibile dei lavoratori, che da tempo vivono sulla propria pelle lo scardinamento dei diritti, la perdita di stabilità, quando non addirittura vessazioni e violenze, come dimostrano i tanti scandali sul caporalato scoperchiati dalle cronache.

    Bisogna cambiare interamente la logica delle politiche sul lavoro: servono maggiori controlli, più ispettori e risorse, perché la salute e la sicurezza non sono un costo aziendale, ma un investimento: ne ho parlato questa mattina con Pietro Grasso, che ho incontrato ad Aprilia, in occasione della commemorazione di Falcone e Borsellino, seguita da una conferenza stampa, durate la quale il nostro presidente ha espresso parole molto sentite sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro.
    ‘In questi anni i controlli sulla sicurezza sono diminuiti; gli ispettori sono sotto organico: non a caso sono aumentati i morti sul lavoro e questo, per di più, a fronte di un aumento della cassa integrazione e della diminuzione delle ore lavorate. Ultimamente in televisione ci si riempie la bocca con le nuove tecnologie – ha detto Grasso – ma in realtà siamo in presenza di una cultura del lavoro inadeguata. C’è urgenza di novità normative ai fini del ripristino di una cultura della legalità e del rispetto dei diritti e dell’integrità psicofisica dei lavoratori e delle lavoratrici. Abbiamo urgenza di garantire lavoro sicuro e soprattutto al sicuro’.

    Dignità e diritti per tutti i lavoratori

    L’obiettivo della piena occupazione deve coniugarsi con quello della dignità e dei diritti del lavoro. Da troppi anni il ricatto della precarietà ha eroso la civiltà del lavoro e la qualità della vita dei singoli cittadini, portando i salari a livelli tanto bassi da essere irrilevanti per la stessa crescita dell’economia.
    È quindi necessario intervenire con decisione, superando il Jobs Act e tutte le forme contrattuali che alimentano lo sfruttamento.
    La nostra proposta come Liberi e Uguali è quella di tornare a considerare il contratto a tempo indeterminato a piene tutele, con il ripristino dell’art.18 (che oggi continua a valere solo per gli assunti prima del Jobs Act e per i dipendenti pubblici), come la forma prevalente di assunzione. Ad esso possono affiancarsi il contratto a tempo determinato e il lavoro in somministrazione, esclusivamente con il ripristino della causale, che giustifichi la necessità di un’assunzione a scadenza.
    Va superata, di conseguenza, la giungla di forme contrattuali precarie introdotte nell’ultimo ventennio, che decreto Poletti e Jobs act hanno contribuito a rafforzare.
    Occorre invece disciplinare, nell’ottica di tutela del lavoratore, le nuove forme di lavoro, come quelle con le piattaforme, per le quali manca un inquadramento giuridico certo, perché stanno potenzialmente a cavallo fra il lavoro subordinato e quello autonomo; riformare la normativa sull’assegnazione degli appalti; rafforzare l’ispettorato del lavoro per contrastare l’uso illecito di manodopera, la diffusione di finti contratti part-time.
    Va comunque affermato il principio per cui nessuna forma di prestazione può essere svolta in modo gratuito o sottopagata rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali.
    Puntiamo ad annullare il divario salariale tra uomini e donne, ad introdurre misure strutturali di sostegno alla genitorialità.
    Pensiamo sia giusto ridiscutere quegli accordi internazionali che antepongono la finalità del libero scambio alla tutela dei consumatori e dei diritti dei lavoratori e affrontare il tema della rivoluzione 4.0, che comporterà una riduzione dell’occupazione e un mutamento dei settori produttivi del secondario e del terziario, che va governato considerando in primo luogo il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
    Il lavoro non può essere un mercato senza regole: è il fondamento della nostra Repubblica e della nostra Costituzione. Ed è un obbligo del potere statale difendere la vita e la dignità umana.

    *candidato alla Camera nella lista Liberi e Uguali