La Lettera aperta delle consigliere che costruirono e sostenennero il progetto della Casa Internazionale delle donne “alla sindaca, alle assessore e alle donne elette nell’assemblea capitolina”.
LETTERA APERTA ALLA SINDACA DI ROMA VIRGINIA RAGGI, ALLE ASSESSORE E A TUTTE LE DONNE ELETTE NELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA
Siamo un gruppo di ex consigliere e assessore che negli anni delle giunte Rutelli sostenne con convinzione la lotta delle donne per la realizzazione della Casa internazionale delle donne a via della Lungara, convinte del valore politico, sociale e culturale e della necessità di un luogo pubblico autogestito da un consorzio di associazioni di donne di cui tutta la città e anche oltre, potessero usufruire. Insomma, un luogo “di e per tutte le donne”.
Perciò ora prendiamo pubblicamente parola e ci rivolgiamo a voi che amministrate la città anche perché non riusciamo proprio a comprendere e a condividere come l’amministrazione si stia rapportando a questa esperienza .
I percorsi istituzionali hanno una loro storia tanto più importante quando si sono realizzati in un rapporto democratico e partecipato con la cittadinanza, una pratica che il movimento della Sindaca ha sempre rivendicato come necessaria per un buon governo. Ciò rende imprescindibile che ci siano chiarezza e trasparenza, perché si tratta di tener conto di impegni assunti che sanciscono diritti.
Ricordiamo che la realizzazione della Casa fu possibile per una feconda intesa tra l’amministrazione comunale, che con delibere del consiglio comunale impegnò i fondi della legge per Roma Capitale vincolando la destinazione d’uso di quel patrimonio, quelli del Giubileo per ristrutturare gli immobili, ne affidò al Consorzio la gestione, e le donne della Casa portatrici di una storia ricca di cultura solidale e pluralista.
Eravamo allora, in Consiglio Comunale, un numero esiguo di donne rispetto ad oggi, ma coese e convinte nella realizzazione di progetti per le donne e per garantire loro autonomia, dignità e rispetto.
Per promuovere una cultura per e delle donne. Così nacquero consultori, centri antiviolenza, case di fuga e tanto ancora, per offrire percorsi di libertà contro abusi e subalternità. Spesso queste strutture venivano realizzate ristrutturando patrimonio comunale inutilizzato, degradato e abbandonato da anni,
restituendo alla città maggiori servizi di qualità altrimenti negati.
Questo impegno ha trovato ratifica e convalida da tutti i livelli istituzionali e amministrativi con un percorso innovativo che ha saputo coniugare, nel pieno rispetto delle leggi vigenti, le decisioni assunte dalle Istituzioni con la partecipazione dei movimenti delle donne. Pensiamo che, nel valutare se la Casa internazionale delle donne abbia o meno rispettato gli impegni assunti con l’amministrazione capitolina, non ci si debba fermare ad un mero calcolo ragionieristico ma, occorre invece, valutare l’importanza dell’azione sociale e culturale di quelle donne nei confronti delle altre donne della città. Pensiamo che se nella città ci fossero tante case della donna forse vi sarebbero meno discriminazione e violenza nei confronti delle donne. Noi tutte, amministratrici dei due mandati del Sindaco Rutelli, nelle diverse funzioni di consigliere e di assessore, abbiamo sempre operato in sintonia con le donne prescindendo dalla nostra appartenenza partitica, sapendo che la Casa era uno degli obiettivi condivisi del Comune e del movimento delle donne.
Un patrimonio, una ricchezza per tutta la città.
Ricordiamo le battaglie fatte in consiglio comunale per far approvare le delibere per la ristrutturazione!
Ricordiamo bene anche che qualche gruppo di opposizione si spaccò nel voto, per via della determinazione dell’unica consigliera di AN Anna Teodorani che difese il progetto, a testimonianza di un obiettivo condiviso.
Noi non abbiamo mai pensato che la Casa delle donne fosse cosa nostra, cioè di noi amministratori e amministratrici dell’epoca, ma che questa, come centinaia di altre esperienze realizzate a Roma, fossero servizi per e dei cittadini e delle cittadine, sostenuti dall’amministrazione capitolina per il bene comune.
Abbiamo condiviso l’obiettivo politico di realizzare un luogo delle donne, per le donne; abbiamo preso sulle nostre spalle la storia del Buon Pastore in piena e trasparente legalità, abbiamo voluto realizzare un luogo proiettato a livello internazionale che parli anche alle generazioni future, di diritti e di riscatto per
tutte le donne, specialmente per quelle con fragilità, andando ben oltre i confini della città.
Il progetto della Casa peraltro, è stato sostenuto e condiviso anche dalle successive amministrazioni. Sappiamo del contenzioso che si è aperto ora tra l’amministrazione e la Casa in relazione al debito maturato negli anni. Ma sappiamo anche che una soluzione negoziale è possibile per continuare a far
vivere questa straordinaria esperienza che è un valore aggiunto per la città. L’esistenza di un debito non può offuscare il grande valore della Casa e dei servizi che essa rende alla città: la questione può e deve essere affrontata e risolta nell’ambito del percorso fin qui realizzato. Altrimenti vorrà dire che dietro la decisione di chiudere la Casa c’è piuttosto una scelta politica ed ideologica volta a cancellare un percorso democratico del tutto legittimo. Perciò ci rivolgiamo pubblicamente a voi per chiedere un deciso ripensamento rispetto a questa vicenda.
L’attuale amministrazione ha ripetutamente dichiarato di stare dalla parte delle cittadine e dei cittadini: vi chiediamo di non tradire questo impegno in questa occasione perché Roma e le donne non lo meritano.
Monica Cirinnà, Maria Coscia, Loredana De Petris, Ivana Della Portella, Fiorella Farinelli, Giusi Gabriele, Luisa Laurelli, Daniela Monteforte, Patrizia Sentinelli, Adriana Spera, Anna Teodorani,
Daniela Valentini