Stretta anche sulle intercettazioni vietata la pubblicazione
Ieri la Camera ha dato il definitivo via libera al ddl Nordio fortemente voluto dal Governo Meloni, la cui norma caratterizzante è l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Considerato uno dei punti fondamentali per il ministro, una chiara scelta politica da parte del governo: rimuovere un reato dei cosiddetti colletti bianchi, definito afflittivo sul piano mediatico e poco incisivo su quello giudiziario. Impedendo così di perseguire tutte le condotte degli amministratori che, nell’esercizio delle loro funzioni, si procurino volontariamente un vantaggio illecito o provochino danni ad altri.
Fortemente critica l’Associazione nazionale magistrati, secondo il presidente Giuseppe Santalucia infatti si trattava di “un argine alle angherie del potere pubblico» e abrogarlo significa «creare ulteriori intralci, si aumenterà la diffidenza nei confronti dei pubblici poteri”. “Senza l’abuso d’ufficio non sarebbe reato il caso in cui un sindaco favorisca un suo parente con un atto» aveva dichiarato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri
Cosa puo succedere con l’aboliziine del reato
Secondo alcuni giuristi che hanno fatto i calcoli, cancellando il reato d’abuso d’ufficio sparirebbero anche le 3.623 condanne definitive che sono maturate intanto negli ultimi 25 anni. Oggi il sindaco condannato per abuso d’ufficio già in primo grado è costretto a lasciare l’incarico, senza attendere la fine del processo
Il ddl Nordio interviene poi sulle intercettazioni telefoniche. Sono state stabilite «alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni al fine di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate (cosa già vietata). In particolare, viene introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento».
Le assoluzioni inappellabili: l’impossibilità per l’accusa «di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati quelle contravvenzioni o delitti, insomma, che prevedono la citazione diretta a giudizio, che possono portare ad una pena massima di quattro anni, con l’aggiunta di una possibile multa».