Centrato da un drone sull’auto con le insegne di Al Jazeera
C’è modo e modo per uccidere l’informazione. Uno è uccidere i giornalisti. Hosam Shabat, 23 anni, è stato ucciso il 24 marzo a Gaza Nord. Era un giornalista. Uno dei pochi rimasti nel cuore dell’orrore, a raccontare ciò che il mondo non vuole vedere. La sua auto è stata colpita in un attacco mirato. Lo hanno fatto tacere. Ma la sua voce continua a parlare.
Era uno studente. Poi la guerra gli ha tolto l’università, la normalità, il futuro. E allora ha iniziato a documentare. Perché a Gaza oggi si diventa giornalisti così: per necessità, per urgenza, per amore della verità.
Da ottobre sono almeno 208 i giornalisti uccisi dallesercito di Netanyahu. Gaza è diventata un cimitero dell’informazione. Hanno bombardato scuole, università, redazioni. Vogliono cancellare tutto: le vite, le storie, la memoria.
Hosam aveva scritto un messaggio nel caso fosse stato ucciso. Diceva: “Ho documentato ogni orrore. Ora vi chiedo: non smettete di parlare di Gaza.” È un testamento civile. Un grido che non possiamo ignorare.