Su delega della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo, hanno dato esecuzione a un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 28 persone (11 destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere, 16 della misura degli arresti domiciliari e una dell’obbligo di firma), gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale. Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e dirette dalla DDA di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale, operativo alla Magliana e sul litorale laziale e con base logistica nel quartiere Massimina, capeggiato da uno dei promotori storici della cosiddetta “Banda della Magliana”, Marcello Colafigli, che, nonostante in regime di semilibertà dal 30 ottobre 2019, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano, nonché con un gruppo ben radicato nel quartiere romano della Massimina, deputato alla commercializzazione sul territorio della Capitale della sostanza importata. Tra i destinatari delle misure, infatti, oltre a Marcello Colafigli, già detenuto in carcere per altra causa, ci sono altri 22 cittadini italiani, 2 albanesi, 1 kosovaro, 1 macedone e 1 colombiano.

Sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine al fatto che Marcello Colafigli sarebbe riuscito a coordinare le attività delittuose, nonostante la misura a cui era sottoposto, grazie anche alla compiacenza della responsabile di una Cooperativa Agricola, raggiunta anche lei dall’odierna ordinanza, ove avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa prevista dal regime di semilibertà, ottenendo la possibilità di allontanarsi a suo piacimento e di incontrare all’interno della cooperativa i propri sodali, aiutandolo a eludere le investigazioni.

Avvalendosi anche del proprio prestigio criminale, inoltre, Colafigli è indiziato di aver guadagnato la fiducia di un gruppo di albanesi inseriti in un importante cartello colombiano operativo nella città di Turbo (Colombia). Il referente sud americano, originario della città di Medellin, è anch’egli destinatario della misura cautelare in carcere ma allo stato risulta irreperibile. L’uomo al vertice del gruppo c.d. “degli albanesi”, punto di contatto con il cartello colombiano, si è prestato per andare di persona a trattare con i fornitori sudamericani ed è suggestivo il passaggio delle intercettazioni in cui descrive le difficoltà da affrontare per entrare illegalmente in Colombia e le cautele utilizzate dai trafficanti locali per eludere le attività d’indagine come l’utilizzo di apparecchi satellitari e il ricorso spregiudicato alle armi da fuoco. Nel corso delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno raccolto gravi elementi indiziari in ordine alla collaborazione finanziaria tra il sodalizio di Colafigli ed esponenti della criminalità organizzata della provincia di Foggia i quali avevano finanziato l’importazione dalla Colombia di 30 kg di cocaina al prezzo di 200.000 euro; a riguardo la trattativa non è poi andata a buon fine, poiché ad uno dei sodali, incaricato di effettuare il pagamento con money transfer verso la Colombia, sono stati sottratti da un parente prossimo, suo complice, i soldi accreditati su un conto dedicato. Ne sono nati dissidi, non degenerati in azioni violente solo grazie all’intermediazione di Colafigli. Ma per rientrare del debito maturato con la malavita foggiana, Colafigli è gravemente indiziato di aver organizzato una rapina ai danni di un soggetto noto nell’ambiente come “riciclatore”. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma sono però intervenuti evitando il compimento del delitto fermando le persone che avrebbero dovuto compiere la rapina, recuperando in quella occasione uno storditore elettrico, uniformi, palette e pettorine con l’emblema della Guardia di Finanza nonché una pistola Beretta.

Tra le persone del sodalizio deputate allo spaccio di droga vi è anche un uomo, ferito da colpi d’arma da fuoco lo scorso 25 marzo 2024 in via Pian Due Torri alla Magliana, anch’egli destinatario dell’odierna ordinanza.

Nel corso delle fasi esecutive dell’operazione, questa mattina, a Roma, i Carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato circa 400.000 euro, durante una perquisizione a casa di uno degli indagati.

Per l’operazione, sono stati impiegati 150 militari dell’Arma territoriale, equipaggi di supporto, nucleo cinofili e nucleo elicotteristi.

È doveroso precisare che il procedimento è nella fase delle indagini preliminari e che le persone indagate devono ritenersi presunti innocenti fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile

 

Nota a margine

COLAFIGLI Marcello, anche noto come “Marcellone” o “Bufalo”. Unitamente a Franco GIUSEPPUCCI “il fornaretto”, Enrico DE PEDIS “Renatino”, Maurizio ABBATINO “crispino” e Nicolino SELIS “er sardo”, è stato riconosciuto come uno dei promotori del gruppo criminale noto con il nome “Banda della Magliana”. Gravato da più ergastoli, è stato condannato, tra l’altro, per gli omicidi, in concorso, di DE PEDIS, (commesso a Roma in data 02.02.1990, per il quale venne condannato, nel 1998, alla pena di anni 26 di reclusione), di CARROZZI Sergio (commesso a Roma in data 28.08.1978, per il quale, nel 2000, venne condannato alla pena di anni 27 e giorni 15 di reclusione) e quello del Duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere (commesso a Roma in data 04.03.1978, per il quale venne condannato, nel 2000, alla pena di anni 18 di reclusione).

Nella suddivisione del territorio, COLAFIGLI (assieme ad ABBATINO, DANESI e TOSCANO) controllava la zona della Magliana e di San Paolo. La faida interna tra il gruppo dei testaccini, guidati da DE PEDIS Renato (“Renatino”) e quello dei maglianesi di ABBATINO, TOSCANO e COLAFIGLI, portò agli scontri più sanguinosi.

Al culmine, di essi, in data 16 marzo 1989, a Ostia, DE PEDIS, anticipando sul tempo i propri rivali, tese una trappola a TOSCANO Edoardo, all’epoca ancora latitante, il quale fu assassinato. Quattro mesi più tardi, l’8 luglio 1989, COLAFIGLI, approfittando di un permesso premio, riuscì a evadere (dal 01.04.1989, si trovava recluso nell’istituto di Reggio Emilia) e assunse una nuova identità.

Dopo vari tentativi, la mattina del 2 febbraio 1990, il gruppo dei maglianesi, capeggiati da COLAFIGLI, riuscì a vendicare il sodale, attirando il DE PEDIS in un’imboscata letale. Il 26 luglio dello stesso anno, il COLAFIGLI, mentre era a bordo di un’autovettura in zona San Paolo, venne tratto in arresto in compagnia dell’ex terrorista dei NA.R. BUSATO Fausto e, nell’occasione, fu trovato armato (una pistola semiautomatica completa di due silenziatori) e in possesso di documenti falsi. Il COLAFIGLI venne, quindi, tradotto presso il carcere romano di Rebibbia, senza più la possibilità di usufruire di permessi per anni, fino ai giorni nostri.