Sarà processato Antonello Lovato, l’imprenditore agricolo titolare insieme al padre dell’azienda agricola di Borgo Santa Maria a Latina, arrestato per la morte del bracciante agricolo Satnam Singh, deceduto il 17 giugno dopo che un macchinario utilizzato per stendere i teli di plastica sui filari nel campi gli aveva tranciato il braccio. La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Barbara Cortegiano, ha disposto in giudizio immediato per l’uomo.
Dopo l’incidente Lovato, invece di chiamare i soccorsi, caricò il bracciante indiano di 31 anni su un furgone e lo scaricò in fin di vita davanti all’abitazione. Poco dopo il bracciante morì dissanguato. La prima udienza del processo – nel quale l’imprenditore, arrestato a giugno, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio doloso – è stata fissata l’1 aprile davanti alla Corte d’Assise di Latina. Al processo saranno presenti otto parti civili, tra cui – oltre alla moglie e ai parenti della vittima – anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e la Flai Cgil.
Quando la procura chiese e ottenne l’arresto di Lovato scrisse che la consulenza medico legale aveva accertato che Satnam era “deceduto per la copiosa perdita di sangue” e che se “fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato”. Non solo. Il perito sostiene che le sue condizioni dopo l’infortunio “sono risultate talmente gravi da rendere evidente la necessità di un tempestivo soccorso”.Per la procura di Latina “è dunque da ritenersi che la decisione di omettere il doveroso soccorso abbia costituito accettazione del rischio dell’evento letale ed abbia integrato la causa che ha direttamente determinato il decesso”. Lovato, insomma, era consapevole che il bracciante stesse rischiando la vita ma ha comunque accettato questa possibilità. Ad avviso del giudice che lo aveva posto agli arresti, il “comportamento” di Lovato “è apparso lucido e finalisticamente teso a dissimulare quanto accaduto, a tutti i costi”.