MARINO – Finti Carabinieri arrestati dai veri Carabinieri. Stavolta sono scattate le manette per due donne, di 37 e 68 anni, residenti a Napoli.
I fatti: una 87enne, sola in casa, riceve una chiamata da un finto Maresciallo dei Carabinieri che le riferisce che suo nipote aveva causato un grave incidente stradale e che, a titolo di risarcimento, avrebbe potuto pagare il danno causato dal ragazzo tramite valori presenti in casa, in particolare contanti e gioielli, da poter consegnare ad un corriere che sarebbe passato da lì a poco per ritirarli e rilasciare il giovane.
L’anziana, sgomenta, racimola subito tutto quanto di valore presente in casa, raccogliendo in una busta e con la malinconia della privazione tutto l’oro di famiglia (circa mezzo chilo, valore stimato in circa 50.000 euro), attendendo con ansia l’arrivo del corriere, per scongiurare guai giudiziari a suo nipote. Ed ecco l’attesa chiamata da parte di una donna, che le dice che è giù ad aspettarla e di apprestarsi a scendere con tutto l’oro possibile. L’anziana immediatamente scende da casa e le consegna la busta, la donna ringrazia e dice che farà il possibile per fare in modo che suo nipote venga rilasciato e si affretta a tornare in macchina, pronta a scappare con la sua complice.
In quel momento scatta il blitz dei Carabinieri veri, della Compagnia di Castel Gandolfo, che fermano l’autovettura e sequestrano il maltolto alle due donne, traendole in arresto per l’ipotesi di reato di estorsione, perché sarebbero stati utilizzati modi, nell’indebita richiesta, che avrebbero costretto la vittima a consegnare i preziosi gioielli.
La refurtiva, recuperata dai militari, è stata riconsegnata alla nonnina che, il giorno dopo, ha fatto recapitare in caserma, per ringraziarli, una crostata fatta in casa con le proprie mani (foto).
Continuano le campagne di informazione dei Carabinieri nelle parrocchie e nei centri di ritrovo per gli anziani, finalizzate a sensibilizzare le potenziali vittime rispetto al dilagante fenomeno delle “truffe agli anziani”.
Le arrestate, associate al carcere Rebibbia di Roma, sono da considerarsi “presunte innocenti” fino all’eventuale sentenza definitiva di condanna.