Dieci anni di reclusione. E’ la richiesta che il pubblico ministero Luigi Paoletti ha formulato al termine della sua requisitoria per due poliziotti del commissariato di Anzio accusati di omicidio preterintenzionale e falso. Il fatto è quello morte di Stefano Brunetti, il 43enne di Anzio, deceduto a settembre del 2008 all’ospedale di Velletri, il giorno dopo l’arresto. L’accusa ha stabilito che: la morte è stata causata dalle percosse subite dall’uomo in commissariato. Una “manovra di contenimento” che si è spinta oltre il dovuto, provocando la frattura di due costole e la rottura della milza. Ricostruzione sempre respinta dagli imputati – che hanno parlato di gesti di autolesionismo di Brunetti – e dai loro difensori. Coinvolti anche altri due agenti di polizia per i quali il magistrato ha chiesto l’assoluzione dall’omicidio, ma un anno di carcere per il verbale nel quale si afferma che l’uomo si sarebbe provocato le lesioni dando in escandescenza nella camera di sicurezza. Dopo l’intervento delle parti civili l’udienza in Corte d’Assise è stata aggiornata al 4 ottobre, quando dopo le arringhe dei difensori è attesa la sentenza. Oltre ai familiari, era stata l’associazione Antigone, che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, tanto da aver istituito un osservatorio sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane, a portare alla luce il caso Brunetti chiedendo “l’intervento delle autorità amministrative allo scopo di fare chiarezza sull’episodio”.