Velletri. Entra nel vivo il processo Appia. Alla sbarra il clan Gallace. Ieri la sezione penale del Tribunale di Velletri ha ascoltato il principale accusatore del gruppo, Antonino Belnome. Trentanove anni, cresciuto alle porte di Milano, figlio della ‘ndrangheta imprenditrice che ha conquistato la Lombardia, Belnome è in ordine cronologico uno degli ultimi collaboratori di giustizia delle cosche calabresi. –come si legge nell’articolo di Andrea Palladino su Terra News: Belnome durante la lunga deposizione ha rivelato alcuni particolari su quello che lui considerava il capo della locale di Nettuno dei Gallace ancora sconosciuti agli inquirenti: «Si chiama Giacomo – ha raccontato – ma non so se si tratta del nome vero o di un soprannome; ha più di cinquant’anni, è originario della Calabria e vive a Nettuno da diverso tempo. E’ lui il capo della locale di Nettuno». Negli atti dei due processi contro i Gallace-Novella – Appia e Mithos – non appare nessun imputato che corrisponda a questa descrizione. Delle cosche di ‘ndrangheta radicate nel Lazio. Gruppi criminali cresciuti fin dagli anni ‘70 alle porte di Roma, sul litorale di Anzio e Nettuno, grazie al silenzio di tanti, ad iniziare dalle istituzioni: il comune di Nettuno è stata l’unica amministrazione sciolta per mafia nel Lazio, alcuni anni fa, quando era ancora guidata dal centrodestra. I protagonisti sono i Gallace, famiglia originaria del piccolo paesino di Guardavalle, in provincia di Catanzaro, e oggi imputati davanti al Tribunale di Velletri nel processo Appia, nato da un’operazione del Ros dei carabinieri di Roma nel 2004. Una cosca con le radici ben salde sulla costa ionica, ma che da decenni ha allargato la sua sfera d’influenza fino al Lazio e alla Lombardia