Clan Fasciani non è mafia. Per Libera: Una sentenza che stravolge quella di primo grado derubricando il ruolo di chi ha seminato terrore e commesso gravi reati a semplice associazione a delinquere
Cade l’accusa di associazione di tipo mafioso e l’aggravante della modalità mafiosa. Si conclude così il processo d’Appello a carico di Carmine Fasciani e altre 17 persone originariamente accusate di aver controllato per anni la criminalità organizzata ad Ostia.
A fronte della richiesta di condanna del pg Giancarlo Amato, che per 15 degli imputati aveva sollecitato una pena complessiva di 200 anni di reclusione, i giudici hanno condannato per reati che vanno dall’usura all’estorsione al controllo illecito di attività economiche, a vario titolo, dieci degli imputati e assolto altri otto. Dieci anni di reclusione sono toccati a Carmine Fasciani; 6 anni a Silvia Franca Bartoli; 5 anni e 8 mesi a Terenzio Fasciani; Sabrina Fasciani 5 anni e 4 mesi; Azzurra Fasciani a 4 anni e 10 mesi; Fasciani Alessandro a 4 anni e se mesi; Luciano Bitti a 4 anni e 6 mesi; John Gilberto Colabella a 4 anni e 6 mesi; Riccardo Sibio a 4 anni e sei mesi; Gilberto Inno a 5 anni e 8 mesi. Assolti, tra gli altri, Vincenzo e Vittorio Triassi.
“Una sentenza che stravolge quella di primo grado derubricando il ruolo di chi ha seminato terrore e commesso gravi reati a semplice associazione a delinquere, con pene che riporteranno presto in libertà i componenti di un clan pericoloso che ha segnato, con la sua violenza, col suo potere economico, con i suoi rapporti con le mafie tradizionali, la vita di quel territorio. -commenta in una nota Libera associazione contro le mafie- Ci chiediamo quale sia il futuro di un territorio, quello di Ostia, che deve finalmente affrancarsi dal potere espresso dai clan e dalla corruzione che ha segnato l’operato dei suoi uffici municipali, oggi sciolti proprio per mafia. Le storie che emergono da questo processo e dalle vicende di questi anni la loro gravità e la loro rilevanza non esonerano nessuno, né Istituzioni, né mondo politico, né ciascun cittadino dall’occuparsi del futuro di questo quadrante di città, delle sue fragilità e delle sue splendide risorse, che non devono continuare a essere strumento e luogo di potere delle organizzazioni criminali”.