Donna morta nella casa di riposo, chiesti 70 anni di carcere

Dopo una lunga requisitoria la parte civile chiede la condanna per i titolari e dipendenti di Villa Sant’andrea

Un'aula di tribunale
Un’aula di tribunale

Processo in Corte d’assise a Latina che vede sul banco degli imputati 5 persone accusate della morte di un’anziana di 85 anni morta in una casa per anziani di Aprilia.La donna perse la vita dopo un ricovero prima all’ospedale di Anzio e poi a quello di Gallarate, in provincia di Varese, il 18 aprile 2010. Il PM Cozzo ha chiesto la condanna di cinque dei sei imputati per la morte di Elisabetta Pinna, l’anziana ospite della comunità alloggio per anziani di via di Cavallo Morto, deceduta a seguito delle complicazioni legate ad una sepsi, un’ infezione che le ha causato una polmonite letale, che per l’accusa è diretta conseguenza dei maltrattamenti e delle condizioni in cui è stata costretta a vivere nella casa di riposo. Imputati accusati di omicidio volontario: Il PM ha così chiesto la condanna a 14 anni e 3 mesi di reclusione Alfio Quaceci titolare della società “Asclepio 84” che gestiva Villa Sant’Andrea, a 14 anni e 4 mesi per la collaboratrice, Maria Grazia Moio, e a 14 anni e 1 mese per l’infermiera Gheorgeta Palade,  residente a Nettuno, e per gli operatori Noemi Biccari, di Nettuno, e Carmelina Maggiordomo, di Anzio. Chiesta invece l’assoluzione per Luciana Liberti, di Nettuno. Evidenti, secondo il PM, le irregolarità amministrative di una struttura che avrebbe dovuto ospitare al massimo 12 persone autosufficienti mentre al momento ne accoglieva 17 di cui 12 del tutto non autosufficienti; alcune con patologie molto gravi e assistiti da personale non adeguatamente preparato tanto da ipotizzare anche l’esercizio abusivo della pratica infermieristica. Per il Giudice gli imputati hanno nascosto ai familiari delle vittime le reali condizioni, in qualche caso hanno tentato di nascondere le ferite, hanno omesso di somministrare le terapie necessarie, di praticare le cure preventive. Quindi la Corte d’Assise presieduta dal giudice Iansiti, ha dato la parola all’avvocato Bertini difensore del titolare, che ha preso in esame due aspetti fondamentali: l’assenza di prove certe sul nesso di causalità, tra la polmonite che il medico legale accertato essere la causa del decesso, e le piaghe da decubito. Per la difesa fondamentale anche la sequenza temporale: tra l’arrivo della donna nella struttura e il ricovero agli Ospedali Riuniti di Anzio e Nettuno, in condizioni disperate, e successivamente in quello di Gallarate. Gli avvocati degli imputati tenteranno con “validi argomenti”  di smontare la tesi dell’accusa. L’udienza è stata aggiornata al prossimo  27 settembre per le conclusioni degli altri avvocati della difesa.