E’ trascorsa all’insegna del rimpianto, di quello che poteva essere e non è stato, dei sogni infranti e dei momenti perduti, che ognuno di noi vorrebbe tornare a rivivere, la serata che ha visto quale protagonista la Compagnia teatrale Arte Povera, nella sua interpretazione di ‘Fausto e gli Sciacalli’, di venerdì 20 luglio, sul palcoscenico del teatro all’aperto del Centro Ecumenico.
Una commedia basata sulla voglia di rivincita e di affrancamento da una realtà, ormai meschina, di una band musicale degli anni ’80, che dopo aver vissuto un effimero successo, si è vista defraudata dal comportamento del proprio batterista fuggito con i diritti di ‘Annalisa’, la loro canzone di successo. Dopo anni di magra, ecco tornare l’uomo che, come se nulla fosse successo e non fossero passati tanti anni, li ‘spinge’ verso un nuovo e strampalato progetto-sogno, dal finale rocambolesco… per la serie i sogni aiutano a vivere meglio.
Con l’Arte Povera, la terza rassegna teatrale ‘Ridendo… sotto le stelle’, ha raggiunto il suo ‘giro di boa’ e si appresta alle sue ultime tre serate; si inizia venerdì 27 luglio, con ‘Il grigio’ di Giorgio Gaber & Sandro Luporini, una ‘one man show’ del trentunenne attore patavino Jacopo De Santis, decisamente il fiore all’occhiello di questa edizione.
Dopo essersi diplomato all’Accademia d’Arte drammatica del Teatro Stabile del Veneto diretta da Alberto Terrani, a Jacopo De Santis si è prospettata la scelta di vita: continuare la carriera artistica lontano da Padova (meta Roma o Milano) o rinunciare a tutto… Jacopo, [sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]dopo aver considerato che Milano sembrava essere più incentrata sulla pubblicità e sulla moda, decise di trasferirsi a Roma, con tutti i problemi che una scelta del genere comportava, come ad esempio sbagliare l’agenzia che curi i tuoi propri interessi.
Ma la volontà dell’attore è stata premiata e a poco a poco, grazie all’incontro ‘magico’ con l’universo Gaber, è riuscito a ritagliarsi un angolo di ‘successo’ ed a diventare un ‘punto di riferimento’ nel panorama degli attori che interpretano l’autore milanese, anche grazie ad un impegno di ‘studio’ che l’ha portato a diversi stage sia all’estero (ha frequentato l’Actors Studio) che in Italia (corsi con Pupi Avati, Luca Ward, Francesco Pannofino).
Quella di venerdì sarà, dopo aver calcato i teatri di tutte le latitudini d’Italia, la 150^ replica della commedia, con la ‘prima’ che risale al maggio del 2008, quando Jacopo aveva solo 21 anni.
Al centro della vicenda dello spettacolo, c’è un uomo sui 45-50 anni, con alle spalle le macerie ‘normali’ di una vita ‘normale’: un matrimonio finito, un figlio trascurato, un’amante delusa dal mancato riconoscimento di una figlia di cui il protagonista è probabilmente il padre e che, pertanto, è ritornata dal marito.
La fuga da tutta questa ‘vita’ è rappresentata dal cambio di casa, una nuova casa in campagna, ideale per vivere un momento di solitudine, di riflessione e di riposo.
Presto però nella nuova casa, si materializza un avversario, in apparenza un semplice topo la cui figura non si vedrà mai, ma è solo evocata dal narratore.
Di fronte al topo il protagonista prende i soliti consueti provvedimenti per eliminarlo, ma a poco a poco scoprirà che ‘il grigio’, il topo, diventa l’elemento scatenante che gli rimescola dentro tutti i dubbi, le contraddizioni, i suoi errori, le sue mancanze, tutti i punti oscuri della sua vita, fino ad un delirio contro se stesso e contro il mondo.
trovare la comprensione e quindi a guardare l’umanità e di conseguenza se stesso in modo diverso.
Come sempre accade prima degli spettacoli della rassegna, abbiamo incontrato l’attore-regista per intrattenere con lui un colloquio, stavolta, non tanto sullo spettacolo, ma sulla sua vita e la sua concezione di teatro.
Lei proviene da una città cosiddetta di provincia, Padova, quale differenza e difficoltà hai incontrato, soprattutto a livello artistico, arrivando a Roma?
“Le difficoltà sono state molteplici: trovare un’agenzia e un agente che si occupasse di me, facendo attenzione a tutte quelle agenzie che magari ti prendono, ma che poi ti “parcheggiano” senza chiamarti mai o senza inviarti a sostenere alcun provino.
Altre difficoltà che ho incontrato a livello artistico, è che oggi sembra che tutti vogliano fare questo mestiere pur non avendo le carte in regola per farlo e, di conseguenza, una persona che, al contrario, ha dimostrato sia sul campo che con i titoli acquisiti di avere valore si trova spesso a dover fronteggiare questa situazione “sgomitando” e usando le unghie e i denti per ottenere una piccola parte in qualche fiction e quant’altro. Dal punto di vista delle relazioni sociali ho notato che faccio molta fatica a instaurare rapporti veri e duraturi con le persone di qui. Cosa che a Padova non mi era mai successa. Ho notato che il modo di approcciare, i comportamenti, il linguaggio, il senso dell’umorismo, il modo di esprimere gesti e parole, rispetto a Padova, qui a Roma è profondamente diverso. E tutto ciò, spesso, almeno per me, rappresenta un grande problema”.
Come è arrivato a Giorgio Gaber e perché lo ha affascinato così tanto?
“Fortunatamente, sono cresciuto in una casa con due genitori, mio padre Carlo e mia madre Loredana, che hanno un livello culturale abbastanza elevato e, di conseguenza, in casa mia sono sempre circolati film di rilevante spessore artistico, libri di letteratura con la “L” maiuscola, dischi di musica classica, jazz, rock, blues, folk, e anche molti artisti italiani tra cui De Andrè, Gaber e Guccini. La prima volta che ascoltai un Lp di Gaber avevo 3 o 4 anni ed era un sabato mattina, me lo ricordo perfettamente. Così come ricordo perfettamente il disco che mio padre mi fece ascoltare: “Anche per oggi non si vola”, diciamo che da lì ho iniziato ad ascoltare i tre cantautori avvicinandomi nel giro di poco tempo anche a Battiato, Dalla, De Gregori, Pino Daniele e Battisti. Crescendo, la passione per la musica e la recitazione è aumentata sempre più. Mi sono focalizzato in particolare su Gaber perché è quello che maggiormente ha incontrato la mia sensibilità, il mio gusto e con il quale condivido la maggior parte delle idee e dei concetti che esprime nelle sue opere, nei suoi spettacoli. Il primo spettacolo che ho portato in scena di Gaber è stato il 19 gennaio del 2007, diversi anni prima di frequentare l’Accademia e quindi da completo autodidatta. Piano piano, mi sono reso conto che funzionava, il pubblico applaudiva, si emozionava e ho osato sempre di più, e da un circolo culturale Arci sono arrivato ad andare in scena in teatri Stabili di varie città d’Italia”
Il pubblico che segue i suoi spettacoli su Giorgio Gaber, potremmo definirlo da ‘nicchia’, qual è stato il più bel complimento che ti hanno fatto?
“Il pubblico è di nicchia sicuramente, come lo era ai suoi tempi, anche se forse era una nicchia un po’ più allargata. Quello che ho notato è che all’epoca la gente che si recava ad assistere ad uno spettacolo di Gaber/Luporini, era un pubblico molto più consapevole, preparato meno superficiale… sapeva quello che stava andando a vedere e usciva spesso dal teatro a fine spettacolo, piena di dubbi, scossa, gioiosa, commossa, pensierosa, triste, incazzata, con posizioni, a volte favorevoli altre volte contrarie ma con una gran voglia comune di discutere le tematiche trattate durante la pièce. Tutto questo, sinceramente, oggi non lo vedo. La gente viene, guarda e poi va via. Come se niente fosse. Forse i tempi e le generazioni sono cambiate, è cambiato il modo di vivere le emozioni e i sentimenti. Anche quelle che scaturiscono da un’opera teatrale, piuttosto che da un film, da un libro o da una qualsiasi opera d’arte”.
Dopo aver ringraziato Jacopo De Santis, invitiamo i lettori allo spettacolo, ricordando che anche per questa settimana si svolgerà di venerdì, alle ore 21:00, nella solita location del teatro all’aperto del Centro Ecumenico in Via di Valle Schioia.
La produzione e l’organizzazione della serata, come al solito è dell’Associazione Leonardo di Ardea in partnership con ‘Radio Omega Sound – la radio amica’ (91.400 e 102.200 MHz).
Maurizio D’Eramo