E’ arrivata in una fase importante l’inchiesta della Procura della Repubblica di Velletri sui lavori di ampliamento del porto turistico “Marina di Nettuno”. Dopo anni di accertamenti il sostituto procuratore della Repubblica di Velletri Giovanni Taglialatela, ha infatti chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di sei persone che dovranno comparire davanti al Gip il 31 ottobre prossimo. Sono l’ex amministratore delegato del porto e attuale consigliere comunale del Popolo della Libertà Giuliano Valente, l’ex sindaco di Nettuno Vittorio Marzoli, il suo vice Stefano Di Magno, gli ex dirigenti comunali dell’Area tecnica Vincenzo Diana e Alessandro Quatrini e l’attuale dirigente dell’Area urbanistica Vincenzo Capocaccia. I sei indagati sono accusati, a vario titolo, di una sfilza di reati che vanno dall’abuso d’ufficio, al falso ideologico in atti pubblici, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, induzione all’errore di altro ente, frode processuale.
Era l’anno 2001, solo gli ecologisti locali, notarono che qual’cosa, nell’accordo di programma tra il Comune e il Marina di Nettuno, non quadrava. Inviarono lettere ai giornali, segnalarono, alla regione Lazio, senza però alcun riscontro, che il progetto che si stava realizzando avrebbe portato un consistente ampliamento del bacino e l’allungamento abnorme dei bracci del porto. Nulla cambiò e i lavori proseguirono senza sosta.
Ora nella richiesta di rinvio a giudizio, il P.M. rileva una serie di lavori eseguiti senza autorizzazione e in violazione dei vincoli paesaggistici e urbanistici. Il pm contesta all’ex amministratore delegato del Marina, Valente, la violazione dell’articolo 181 per lavori eseguiti in assenza di autorizzazione e non rispettando i beni paesaggistici. Nei lavori di ampliamento del porto sono state riscontrate palesi violazioni del Piano regolatore, non a caso tra i reati attribuiti agli indagati vi sono: abuso d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici e persino frode processuale (nel caso di Capocaccia). Tra le contestazioni mosse figurano la realizzazione del cosiddetto “ecomostro”, dell’edificio bunkeraggio, della piscina, di volumi edilizi sulla banchina est e sul molo di sopraflutto, del pennello di massi all’interno dell’avamporto e del prolungamento del muro paraonde della diga ovest.
Nell’inchiesta sono finiti gli ex amministratori Marzoli e Di Magno. Tutti personaggi, esponenti di quel centrodestra che sulla scia delle vittorie berlusconiane ha governato la cittadina del tridente, dal 1999 a 2005, portandola sull’orlo del baratro fino allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità organizzata. Ma Marzoli, dopo la disastrosa esperienza amministrativa, non si è dato per vinto, non ha abbandonato la politica, è infatti divenuto responsabile locale, del “Circolo del Buongoverno” (non è una barzelletta), creato nel 2005 da Marcello Dell’Utri, quello che secondo la Cassazione mediò tra la mafia e Berlusconi.