La foto dei platani che giacciono senza vita sul bordo della strada è l’immagine che rappresenta la nostra povera città. In questi mesi abbiamo più volte puntato il dito contro la totale assenza di idee di Coppola e degli assessori che si sono avvicendati nella sua giunta, ma questa strage di alberature spiega più di mille parole le loro priorità8. Questa città per crescere ha bisogno di un progetto a medio termine, ambizioso, che trasformi una volta per sempre Nettuno in un polo di attrazione turistica. Non si può più solo pensare al turismo di prossimità e guardare solo ai romani, bisogna piuttosto caratterizzarsi per aprirsi ai grandi flussi del turismo globale. Ma per fare questo non bastano le parole che Coppola seguita a blaterare come un mantra, serve un vero piano d’azione che coinvolga più settori. Partendo dal futuro degli stabilimenti balneari, passando per un piano regolatore che disegni una città a prova di turista, senza dimenticare poi che il futuro dei nostri figli dipende dal fatto che gli venga data l’opportunità di crescere economicamente e mettere su famiglia sul nostro territorio. Tutte cose che non possono essere fatte da una manica di scappati di casa che non avendo nemmeno la possibilità di immaginarle possono avere solamente l’interesse di gestire il potere solo per avere potere ma senza la minima intenzione, e capacità, di pensare al futuro delle famiglie di Nettuno, delle bambine e dei bambini che non vogliamo, da genitori, in futuro, veder emigrare per necessità ma solo per volontà di fare esperienza e di vedere il mondo. La città ha bisogno di un gruppo di persone che vogliano trasformare tutto, voltare definitivamente pagina, senza rincorrere speculazioni di piccolo cabotaggio, che portano poco o nulla alla collettività e che per di più consumano suolo. Per fare ciò, sempre senza dimenticare che una commissione d’indagine è all’opera, bisogna però mettere un punto alla sventurata esperienza di Coppola, il prima possibile. Nettuno ha ancora la possibilità di tornare la perla del Tirreno sempre però che non si perda l’ultimo treno per il futuro.
Roberto Alicandri
Marco Federici