Consuntivo 2015, Federici: “Anzio al collasso, centrodestra al capolinea”

Riceviamo e pubblichiamo

ListenerSi è svolta nella giornata di sabato 4 giugno il consiglio comunale di Anzio con all’odg l’approvazione del bilancio consuntivo delle spese sostenute durante l’anno 2015 insieme alle relative ripartizioni. Emerge un quadro raccapricciante della condizione economica e quindi materiale nella quale versa la Città di Anzio sotto l’Amministrazione del centrodestra che governa ininterrottamente il territorio da venti anni: le strade sono ridotte ad un colabrodo, l’edilizia scolastica è fatiscente, insorgono problemi con il servizio mensa, la Città è letteralmente invasa dai rifiuti, non esiste una politica culturale che valorizza il Paese, le periferie sono abbandonate a loro stesse, la questione del porto ormai aperta da decenni rimane inevasa a danno dell’identità dell’intero tessuto cittadino. Anzio è al collasso. Stanca, esausta, ormai priva di energie, senza una visione lungimirante per la geografia del quotidiano anziate, focalizzata esclusivamente su se stessa, l’Amministrazione Bruschini conferisce all’immaginario collettivo di Anzio una macchina burocratica farraginosa, insieme ad una classe politica e governativa inconcludente, il cui unico risultato dopo venti anni di malgoverno è stato quello della mortificazione complessiva del territorio. Cambiano i personaggi, ma la regia rimane la stessa: le stesse idee, la stessa politica e lo stesso modo di concepire l’Amministrazione delle realtà locale non offrono risposte serie e concrete alla disoccupazione, alla sicurezza cittadina e ad una sana gestione dei conti pubblici. Il rendiconto consuntivo dell’anno 2015 approvato dalla maggioranza lascia in eredità alla presenti e alle prossime generazioni un debito tale da lasciare intendere il commissariamento della Città nel breve periodo. E’ il fallimento di un ciclo storico. La politica del centrodestra anziate dopo due decenni al potere è al capolinea. A pagare le spese della pessima gestione del territorio sia in termini finanziari, sia in termini sociali rimangono gli abitanti di tutto il Paese, con il pagamento delle imposte tra le più care negli enti locali in Italia e un servizio scadente. Con una decisione collegiale, intrapresa precedentemente, in un atto di trasparenza, legalità e responsabilità nei confronti della Città di Anzio, il Partito Democratico ha deciso di abbandonare l’aula consigliare prima della votazione dell’odg, allegando una diffida, nonché una dichiarazione sul bilancio alla delibera del consiglio. E’ giunto il momento di chiudere il capitolo con l’attuale generazione di amministratori che hanno imperversato sul territorio, senza esclusione di appartenenza politica.
Con la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, per mezzo della legge costituzionale del 20 aprile 2012, il rafforzamento del concetto del pareggio di bilancio – giornalisticamente riconosciuto – inserisce una rivoluzione copernicana all’interno della gestione dei conti pubblici della nazione. Una riflessione in merito alla nuova gestione del rapporto tra entrate ed uscite, atto ad una limitazione del deficit spending, con il fine di affossare ruberie, clientelismo e corruttele, conduce ad un ambizioso parallelismo tra l’attuale condizione nella quale vige la Città di Anzio e l’Italia nella sua interezza. L’allora forte insistenza di Luigi Einaudi, liberale e futuro Presidente della Repubblica, e di Ezio Vanoni, democristiano e futuro Ministro delle Finanze e del Bilancio in parecchi Governi, durante i lavori della costituente 1947, induce a inserire nella Costituzione repubblicana l’articolo 81 il quale vieta di approvare leggi di spesa senza copertura. Einaudi, in una lettera al Ministro del Tesoro Giuseppe Pella scrive nel dicebre 1948: “L’articolo 81 della Costituzione costituisce il baluardo rigoroso ed efficace voluto dal legislatore costituente allo scopo di impedire che si facciano nuove o maggiori spese alla leggera, senza aver prima provveduto alla relative entrate.” Per molti anni il Parlamento italiano rispetta questo articolo e l’Italia, alla fine degli anni Sessanta, venticinque anni dopo una folle e rovinosa guerra, diviene un Paese in grande crescita economica e morale. Dopo oltre un secolo, la piaga dell’emigrazione si poteva ritenere terminata, le finanze messe in ordine, la lira veniva giudicata una delle migliori divise del mondo, sviluppo economico, progressi socio-culturali e civili erano reali ed evidenti. Tutto correva a consolidare le speranze nel futuro, ma con l’incidere della fine di quel decennio l’articolo 81 non è stato più rispettato. Le conseguenze sono oggi evidenti e conclamate. La rimonta della china è impresa ardua: necessita coraggio, lungimiranza e un ricambio generazionale della classe dirigente dotata di una cultura politica e amministrativa imperniata su valori salubri e responsabili della gestione della cosa pubblica. Il baluardo di cui parla Einaudi, criterio imprescindibile per la ricostruzione dei nostri territori, oggi come allora, deve costituire quella solida, sicura difesa che impedisca di approvare leggi di spesa prive di copertura, arginando inoltre l’operato di amministratori locali che non abbiano a cuore le sorti del territorio, se non quelle del proprio tornaconto personale ed elettorale. Anzio è al collasso. Il centrodestra è al capolinea. Serve una nuova classe dirigente totalmente alternativa allo sfacelo morale e materiale oggi presente, nell’unità del centrosinistra. Ora.
Gabriele Federici