L’inchiesta su Cerroni coinvolge anche i comuni di Ardea, Pomezia e Nettuno, secondo i PM e L’Espresso c’è il sospetto che comuni siano stati truffati
Associazione a delinquere, estorsione, truffa, traffico illecito di rifiuti: sono queste le ipotesi di reato di un’inchiesta segreta che sta facendo tremare mezza Roma. L’inchiesta vede coinvolto Manlio Cerroni, che controlla e che gestisce, di fatto, il grande del business dei rifiuti del Lazio. In un reportage del settimanale l’Espresso “L’indagine sull'”ottavo re di Roma” (che risulta indagato) sembra ormai alla fase conclusiva, e rischia di far saltare il sistema di monopolio assoluto che la politica locale ha subito e foraggiato per oltre un trentennio. A “l’Espresso” risulta che i filoni d’indagine sono tre. Riguardano la gestione di Malagrotta, gli impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (cdr) che l’imprenditore ha costruito ad Albano Laziale e la cava di Monti dell’Ortaccio. Il fascicolo è così delicato che oltre ai due pm titolari Maria Cristina Palaia e Alberto Galante è sceso in campo anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone, che ha deciso di coordinare in prima persona la fase finale dell’inchiesta.Andiamo con ordine, partendo da Albano Laziale. Qui i guai per Cerroni e il suo entourage cominciano nel settembre del 2009, quando il pm Giuseppe Travaglini in forza alla procura di Velletri chiede ai carabinieri del Noe di Roma comandati dal colonnello Sergio De Caprio – alias Ultimo – e coordinati dal capitano Pietro Rajola Pescarini di indagare sulla società Pontina Ambiente, un grande impianto di trattamento dei rifiuti che produce cdr per dieci cittadine della provincia di Roma. Il sospetto, infatti, è che l’azienda produca un quantitativo di cdr destinato ai termovalorizzatori assai inferiore a quanto dichiarato ai Comuni “clienti”: una truffa (bruciare il cdr era forse troppo costoso: più economico e più comodo per Cerroni smaltire la monnezza nello sversatoio, anche se le volumetrie autorizzate in questo modo si sarebbero esaurite prima) che permetteva al gruppo dell’avvocato di incassare milioni di euro per un servizio mai svolto”. Tra i comuni truffati anche i comuni di Ardea, Pomezia e Nettuno. Tutto sarebbe avvenuto con la compiacenza e il silenzio della regione Lazio.