Acqua all’arsenico: il canone va pagato a metà, quello invece per la depurazione resta in stand-by. L’ha stabilito il Giudice di pace di Civita Castellana, Fabio Ruffo, in seguito al ricorso presentato da un utente. Il quale si è affidato a uno studio legale per chiedere alla Talete (l’azienda che ha in gestione il servizio idrico di tutta la provincia, salvo qualche eccezione), la restituzione delle somme pagate, secondo il ricorrente ingiustamente, perché l’acqua non era potabile. L’utente ha avuto ragione. Il periodo preso in esame è quello riferito alle bollette – arrivate a casa degli utenti di Civita Castellana – tra il 2006 e il 2007, quando era sindaco Massimo Giampieri. Al termine del dibattito è arrivata una sentenza molto attesa, che può mettere in moto una raffica di ricorsi da parte di cittadini e associazioni (come il Codacons) che erano già intenzionati a chiedere indietro le somme pagate per i canoni idrici dal 2009 in poi.
La sentenza del giudice di pace di Civita Castellana, potrebbe fare giurisprudenza, infatti anche le migliaia di utenti Acqualatina, che per anni sono stati costretti pagare bollette salate per acqua contenente arsenico, potranno, se lo vorranno, riccorrere ai giudici per vedere riconusciuti i loro diritti. Pochi giorni orsono la società ha detto di aver attivato un dearsenificatore. Ma i cittadini dei borghi a nord del capoluogo pontino, quelli dei Comuni di Aprilia, Cisterna, Anzio, Nettuno, le associazioni dei consumatori, ora hanno una sentenza favorevole a cui “agganciare” le eventuali richieste di rimborso. Arriverà una pioggia di ricorsi? staremo a vedere.