Per il premier l’autorevolezza del nostro paese sta nello spingere l’acceleratore della crescita e del lavoro
Il premier Matteo Renzi se non manterrà gli impegni del suo piano choc. “So dove mi mandano gli italiani…”. Per evitarlo il premier è pronto a far calare la scure sui costi della politica, sui manager e sulla spesa pubblica. Ma non sui pensionati, esclude Renzi smentendo il commissario Carlo Cottarelli e annunciando che la spending review traslocherà dal Tesoro sotto la campana della presidenza del Consiglio così se i tagli non riusciranno sarà “colpa mia”. E più che preoccupato per il monito della Bce, “è uno statement di dieci giorni fa”, sembra determinato a rispettare scadenze e impegni. Anche il parametri europei saranno rispettati ma, chiarisce ancora una volta Renzi, “noi vogliamo l’Europa dei cittadini e non dei vincoli” e soprattutto chiede rispetto e annuncia “una battaglia perchè l’Ue veda un’Italia autorevole”.
Per l’ex sindaco di Firenze l’autorevolezza del nostro paese sta nello spingere l’acceleratore della crescita e del lavoro. “Per la prima volta il governo, invece di aumentare le indennità dei consiglieri regionali, li restituisce alle persone”, assicura Renzi che non condivide chi, come Padoa Schioppa, definiva le tasse “sexy”. “L’Irap è una tassa odiosa – scandisce – perchè più crei posti di lavoro più lo stato ti tassa”. Purtroppo, ammette il premier, il governo non ce la fa subito a “produrre uno choc” dimezzando il carico fiscale. Si parte dai ceti medio-bassi e qui il premier non ha intenzione di derogare agli impegni assunti ieri: entro maggio taglio del cuneo fiscale, entro settembre, “San Matteo”, sblocco dei debiti della pubblica amministrazione, una scommessa con Bruno Vespa che si impegna ad andare al santuario fiorentino se perde. Renzi torna ad escludere categoricamente un problema di coperture, “i soldi ci sono” e, snocciolando cifre, elenca i capitoli di spesa. Tagli dei costi della politica, a partire dalla “chiusura” del Senato elettivo, vendita on line delle auto blu, “i simboli del potere”, 500 milioni dalla riduzione degli stipendi dei manager pubblici, che guadagnano più del “presidente della Repubblica”, 2,5 miliardi dall’innalzamento delle rendite finanziarie, bot esclusi, dal 20 al 26 “come in Europa”. La parte del leone per le risorse deve farla, secondo il premier, la spending review. Renzi smentisce il commissario dei tagli che aveva ipotizzato un contributo delle pensioni tra i 2mila ed i 3mila euro, esclude patrimoniali ma chiede a Cottarelli di cercare i soldi negli sprechi dello Stato per arrivare fino a 7 miliardi di tagli nel 2014. (fonte ansa)