L’acqua del Lazio sarà a gestione “pubblica e partecipata” perché si tratta di un “bene naturale e un diritto umano universale”, sottratto ai meccanismi della concorrenza commerciale. Quello che prima era un principio, emerso dal referendum nazionale del 2011, da oggi è legge
La legge stabilisce innanzitutto che “l’acqua è un bene naturale e un diritto umano universale”. Da questo principio, che recepisce lo spirito dei referendum nazionali del 2011, discende che “tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili”. La gestione del servizio idrico integrato “deve essere svolta senza finalità lucrative e ha come obiettivo il pareggio di bilancio, persegue finalità di carattere sociale e ambientale”. Vengono aboliti i vecchi “Ato”, Ambiti territoriali ottimali: la gestione dell’acqua dovrà avvenire nel bacino idrografico. La gestione dovrà avvenire in base a un preciso bilancio idrico che dovrà assicurare “l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico” e dovrà essere aggiornato con cadenza almeno quinquennale. Ogni anno le autorità di bacino dovranno predisporre “un report sulle perdite idriche nelle reti di distribuzione”. Gli ambiti di bacino idrografico dovranno essere individuati dalla Regione entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, attraverso un nuovo provvedimento legislativo. Ciascun ambito sarà “governato” da un’autorità di bacino, a cui partecipano gli enti locali corrispondenti per territorio. I delegati degli enti locali partecipano alle “assemblee decisionali di bacino” con vincolo di mandato. La gestione del servizio idrico dovrà avvenire in maniera integrata: “Le opere di captazione, gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato – si legge all’articolo 6 – sono di proprietà degli enti locali e sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”. Sono costituiti due fondi: il primo destinato alla “ripubblicizzazione” di cui possono beneficiare gli enti locali che vogliono tornare a gestire il servizio “subentrando a società di capitale”. Tale fondo sarà finanziato nel triennio 2014-2016 da un apposito capitolo di bilancio. Il secondo, avrà carattere di “solidarietà internazionale”, “al fine di concorrere ad assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta” e sarà destinato a progetti cooperativi, escludendo ogni forma di profitto privato.
Un buon risultato ottenuto grazie alla volontà di: comitati, cittadini e sindaci che hanno promosso e sottoscritto l’iniziativa referendaria in particolare: Bengasi Battisti, sindaco virtuoso di Corchiano, un piccolo Comune del viterbese, primo comune a sottoscrivere il referendum e a promuovere l’acqua come bene pubblico. E poi il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il vicepresidente Massimiliano Smeriglio per aver compreso la necessità di dare un segnale forte e inequivocabile su un bene comune come l’acqua. Ci sono finalmente le basi per arrivare ad una ripubblicizzazione del servizio idrico su base territoriale. Ora per Acqualatina occorrerà studiare e individuare forme e modi per la dismissione della società che ha di fatto gestito e privatizzato e lucrato su un bene pubblico come l’acqua.
Per il governatore Nicola Zingaretti “abbiamo ancora una volta dimostrato che si può cambiare davvero il volto di questa regione. E’ un grande successo di cittadini e istituzioni che hanno combattuto insieme perché l’acqua restasse un bene di tutti”. A esultare sono oggi infatti soprattutto i comitati per l’acqua pubblica, che hanno seguito passo passo il dibattito in Aula: “Ora auspichiamo una reazione a catena delle altre Regioni – affermano oggi – Questa una legge che rimette al centro finalmente gli enti locali“. Il testo, infatti, sancisce che la gestione del servizio idrico integrato “deve essere svolta senza fini di lucro“, e dovrà avvenire a livello di bacino idrografico (i nuovi Ambiti saranno da individuare entro sei mesi), ognuno con un bilancio idrico sostenibile. Le Autorità di bacino, formate dagli enti locali coinvolti, Comuni in prima fila, dovranno gestire il sistema in modo integrato: tutti gli impianti, dagli acquedotti alle fognature, dovranno essere di proprietà pubblica. E per quegli enti locali che volessero subentrare nelle società di capitali, è stato istituito il Fondo di ripubblicizzazione, sostenuto dal bilancio regionale.
- “Abbiamo ottenuto un grande risultato oggi, con l’approvazione della Legge sul riordino del sistema idrico. E’ stato un lavoro complesso, soprattutto per apportare le modifiche necessarie al testo di iniziativa popolare per renderlo compatibile con la Costituzione, ma senza stravolgerne la filosofia e i principi.” Così in una nota Gino De Paolis, capogruppo Sel alla Regione Lazio e Giancarlo Torricelli, coordinatore Sel Lazio. Questa legge è davvero rivoluzionaria per la nostra Regione– aggiungono- perché finalmente vengono fissati i principi su cui ci siamo battuti fin dal referendum del 2011, e cioè che l’acqua è un bene comune e un diritto universale, che non può essere trattato come un qualsiasi altro bene materiale. Nella Legge si regolano la tutela e la pianificazione del sistema idrico regionale garantendo partecipazione democratica, ma soprattutto si riconosce la libertà per i Comuni di gestire il servizio idrico attraverso aziende speciali o consorzi di comuni, in un ottica che, come abbiamo sempre sostenuto, tiene come punto di riferimento le comunità locali e la responsabilizzazione dei territori. Un risultato che non era scontato e che oggi possiamo dire di aver centrato”. “Una bella pagina per il Consiglio regionale” il commento del presidente dell’Aula, Daniele Leodori PD. Bene anche per l’opposizione: “Questa approvazione – ha affermato il consigliere regionale M5s Devid Porrello – insegna che quando si deve legiferare è conveniente la partecipazione popolare alle sedute“