Riforme, accelerazione in aula, via indennità ma resta immunità per i senatori

Un sospiro di sollievo per l’Esecutivo guidato da Renzi. Ma un punto ha provocato malumori anche tra i Democratici, e non solo tra i dissidenti

Per il ddl che disegna il futuro Senato ieri è stata una giornata da marcare con segno positivo per il Premier Renzi: ben sette articoli approvati in poco meno di 5 ore e il nodo dell’immunità sciolto con un dibattito che, tra le fila del Governo, si temeva ricco di insidie. Il ddl si avvia verso la volata finale, e il premier Renzi non nasconde la sua soddisfazione, in particolare per l’abolizione di quell’indennità dei futuri senatori che per lui, era uno dei simboli della ‘vecchia politica’. L’abrogazione dell’indennità, la previsione di un mandato settennale e non rinnovabile per i senatori di nomina presidenziale e il mantenimento dell’immunità sono i tre paletti messi in Aula a Palazzo Madama. Fortemente simbolica l’approvazione dell’art.9, che abroga l’indennità dei futuri senatori mentre l’art. 8, che conferma l’assenza di vincolo di mandato, ha ottenuto luce verde. Ma è sull’immunità che il Governo ha ottenuto il ‘successo’ più inaspettato. Su sollecitazione di diversi parlamentari, tra cui il ‘dissidente’ Democratico Vannino Chiti, il vicepresidente Maurizio Gasparri, che presiedeva i lavori, ha poi dato l’ok al dibattito sugli emendamenti aggiuntivi all’art.8, che prevedevano l’abrogazione dell’immunità, con l’assenso del governo, si è giunti alla bocciatura di tutti gli emendamenti. Un sospiro di sollievo per l’Esecutivo e per Forza Italia che vorrebbe ricandidare Berlusconi, su questo punto spinoso che ha provocato malumori anche tra i Democratici, e non solo tra i dissidenti. Il rischio, è la perplessità che serpeggiava tra alcuni senatori Pd, è che con l’immunità si mandi al Senato non il consigliere regionale più bravo, ma quello a rischio di essere coinvolto in un’inchiesta.