In trecento si sono riuniti, sabato scorso, per chiedere lo scioglimento del Consorzio di Lavinio. La richiesta arriva forte e chiara dal movimento dei “cittadini dissidenti” che ha organizzato, nella sala conferenze delle suore teresiane di Lavinio Mare, un’assemblea cittadina dove non sono mancati momenti di tensione. L’iniziativa è stata avviata in collaborazione con l’associazione “Cittadini Lavinio”, che aveva invitato a partecipare i consiglieri comunali di maggioranza e opposizione Renato Amabile, Ivano Bernardone, Cristoforo Tontini e l’assessore Robertà Cafà. Assente soltanto Amabile. A presiedere i lavori Giuseppe Nicolò, leader del movimento dei dissenzienti verso il Consorzio, che attraverso slides proiettate su un maxi-schermo, ha voluto rassicurare i presenti sulla non legalità di alcune cartelle di Equitalia, inviate a chi ha aderito da qualche anno alla forma di “sciopero bianco”verso la richiesta di quote annuali per il famoso Consorzio, che a detta di Nicolò, “risulta essere illegittimo perché in effetti non è mai stato registrato”.
Il presidente del movimento cittadino ha voluto porre l’accento sul fatto che nella Tasi che i cittadini di Lavinio pagheranno, vi sono “servizi indivisibili” che non possono essere richiesti tramite il pagamento del tributo al Consorzio. Concordi, i tre consiglieri comunali, nel ritenere che il Consorzio di Olivo e Sant’Anastasio, illegittimo o meno, vada comunque definitivamente sciolto. A gridarlo con forza Ivano Bernardone, consigliere del Pd e Cristoforo Tontini, esponente del M5S, che hanno evidenziato come politicamente sia stato un “incredibile atto di incoerenza, da parte del sindaco Bruschini, far entrare nel bilancio recentemente approvato una sovvenzione per il Consorzio stesso, dopo avere ripetuto in tutta la campagna elettorale 2013, che di questo istituto non si avesse più bisogno”. I due consiglieri di opposizione, hanno paventato anche l’ipotesi di una mozione a doppia firma sulla questione sulla quale chiedere un voto al consiglio comunale. Più moderata la posizione dell’assessore Cafà, che ha comunque ammesso di “fare propria” la posizione dei dissidenti e di portare avanti la causa in maggioranza.