Lo schema di decreto legislativo approvato lo scorso 24 dicembre dal Consiglio dei Ministri in applicazione del Jobs Act, oltre alla regolamentazione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, ha configurato la nuova disciplina sui licenziamenti, che sarà applicabile ai rapporti instaurati dopo la data di entrata in vigore della norma.
Ambito di applicazione
Rispetto al passato, destinatari del nuovo regime sui licenziamenti saranno tutti i datori di lavoro, imprenditori e non, e, dunque, anche partiti politici, sindacati, nonché le istruzioni religiose.
Per quanto riguarda le tutele approntate in favore dei dipendenti, permane, tuttavia, la consueta distinzione legata ai requisiti dimensionali prevista dallo Statuto dei Lavoratori.
Aziende con più di 15 dipendenti
Licenziamenti discriminatori – Nelle ipotesi di recesso discriminatorio, nullo o intimato oralmente, sarà ancora applicabile la c.d. “tutela reale”, in aggiunta alla quale i lavoratori con contratto a tutele crescenti avranno diritto ad un indennizzo commisurato all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del recesso sino a quello della effettiva reintegrazione, da cui, però, andrà dedotto “l’aliunde perceptum”, vale a dire il compenso eventualmente percepito per lo svolgimento di altra attività nel periodo di estromissione.
In ogni caso, la misura di questo risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità.
Per tutto il periodo di estromissione e sino all’effettivo reintegro, il datore di lavoro sarà tenuto al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Tuttavia, in sostituzione della reintegrazione, il dipendente avrà la possibilità di porre fine al rapporto di lavoro optando per un’indennità, esente da contribuzione previdenziale, corrispondente a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
L’opzione, però, dovrà essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia giudiziale o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Licenziamenti illegittimi – Nelle ipotesi di recesso illegittimo, quando, cioè, il licenziamento sia stato intimato in assenza effettiva di un giustificato motivo o di una giusta causa, il lavoratore potrà richiedere unicamente un risarcimento del danno, il cui importo, che in ogni caso non potrà essere inferiore a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, risulterà progressivamente aumentato in relazione all’anzianità di servizio, secondo i seguenti parametri:
Durata del rapporto Indennizzo
Da 1 a 2 anni 4 mensilità
3 anni 6 mensilità
4 anni 8 mensilità
5 anni 10 mensilità
6 anni 12 mensilità
7 anni 14 mensilità
8 anni 16 mensilità
9 anni 18 mensilità
10 anni 20 mensilità
11 anni 22 mensilità
da12 a 15 anni 24 mensilità
Per le frazioni di anno di anzianità, dette indennità saranno riproporzionate, mentre, le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni, varranno come mese intero.
Vizi formali e procedurali – Eventuali vizi formali, come la mancata indicazione della motivazione ad oggetto del licenziamento, o procedurali, quali il mancato rispetto della procedura di contestazione disciplinare prevista dall’art.7 della Legge n.300/1970, non inficeranno l’estinzione del rapporto.
In simili casi, infatti, il datore di lavoro dovrà corrispondere al dipendente la sola indennità, esente da tasse e contributi, pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, che, comunque, non potrà essere inferiore a 2 e superiore a 12 mensilità.
Aziende con meno di 15 dipendenti
Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, commi 8 e 9, della Legge n.300/1970, ovvero presenti una forza lavoro inferiore a 15 dipendenti, l’ammontare di tutti gli importi ed indennizzi sopra riportati sarà dimezzato. In ogni caso, le indennità risarcitorie non potranno superare il limite massimo di sei mensilità.
Tuttavia, anche queste aziende saranno gravate dall’onere della reintegrazione nei casi di licenziamento nullo o discriminatorio.
La conciliazione
In aggiunta alle ordinarie ipotesi transattive, lo schema del decreto ha configurato una nuova procedura di conciliazione, applicabile in tutti i casi di licenziamento illegittimo.
Entro i termini previsti per l’impugnazione stragiudiziale del recesso, infatti, il datore di lavoro potrà offrire al dipendente un importo, esente da Irpef e contributi, pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio. Detto importo, comunque, non potrà essere inferiore a due e superiore a diciotto mensilità.
Accettando l’offerta, il lavoratore porrà definitivamente fine al rapporto, rinunciando, parimenti, all’impugnazione del licenziamento, ove già proposta.
Tale procedura dovrà essere esperita innanzi alle commissioni di conciliazione o nelle altre sedi già previste dalla legge.
Revoca del licenziamento
Entro quindici giorni dalla comunicazione con la quale il dipendente abbia impugnato il recesso, il datore di lavoro avrà la possibilità di revocare il licenziamento, evitando così il rischio di subire un’eventuale condanna risarcitoria.
Esercitata la revoca, il rapporto di lavoro si considererà ripristinato senza soluzione di continuità, con conseguente diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nelle more della sua reintegrazione in servizio.
Appalti
In caso di successione nello stesso appalto di diversi datori di lavoro, ai fini del calcolo delle indennità e degli importi sopra individuati, l’anzianità di servizio del dipendente dovrà essere computata in relazione all’intero periodo nel quale sia stato impiegato nell’attività appaltata.
Dott. Valerio Pollastrini
Consulente del Lavoro
Anzio – Via di Villa Claudia, n.156/a
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