E’ andata in scena il 10 marzo a Villa Sarsina l’assemblea pubblica “Difendiamo la scuola della Costituzione” organizzata dal Prc di Anzio. L’iniziativa aveva l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica del nostro territorio sulla necessità di mobilitarci per fermare quella che Renzi chiama la Buona scuola ma che è l’ennesimo colpo inferto alla scuola pubblica e al diritto allo studio nel nostro paese. Insegnanti, precari, studenti e genitori devono riuscire a fare fronte comune per la difesa e il rilancio della scuola pubblica come strumento di emancipazione, istruzione, democrazia e sapere critico. Si sono susseguiti interventi di docenti, precari, genitori. Ne è emerso un quadro a tratti drammatico: la scuola è ormai devastata dalla fatiscenza degli edifici scolastici, dalla rottura della solidarietà tra il corpo docente, dallo strapotere dei dirigenti e lo svuotamento degli spazi democratici. La dispersione scolastica è una realtà e il precariato innesca una assurda guerra tra poveri, che vede protagonisti quelle centinaia di migliaia di insegnanti che ogni anno sono costretti a sperare in un incarico annuale senza aver la possibilità di progettare una esistenza dignitosa, dopo una vita passata a studiare e ad abilitarsi. Vito Meloni, responsabile nazionale scuola del Prc, ha sintetizzato quanto emerso dall’assemblea individuando un filo comune che lega le varie riforme della scuola che si sono succedute dall’inizio degli anni 90 a d oggi: la privatizzazione della scuola, la sua aziendalizzazione e subordinazione alle classi dominanti. La Buona scuola di Renzi, se approvata, si allontanerebbe definitivamente dal dettato Costituzionale. La scuola infatti cesserebbe di promuovere una istruzione pubblica e gratuita, si caratterizzerebbe per una impostazione anti-egualitaria creando percorsi diversi per i figli delle classi dirigenti da quelli della classi lavoratrici, ridurrebbe il sapere a mero tecnicismo funzionale agli interesse a breve termine delle aziende e non alla diffusione di capacità di dominare i cambiamenti tecnologici di lungo periodo attraverso la ricerca scientifica applicata all’industria. L’unico aspetto positivo del Decreto sulla scuola potrebbe essere l’assunzione di oltre 140.000 precari inclusi nelle graduatorie a esaurimento, ma in primo luogo tale assunzione è imposta dalla Corte europea, pena una serie di sanzioni per l’Italia e in secondo luogo l’assunzione deve riguardare molti più docenti rispetto a quelli dichiarati, dato che la sentenza europea stabilisce che anche i non inseriti in graduatoria e che hanno lavorato per tre anni continuativi presso la scuola statale devono essere assunti. Il Decreto inoltre slitta di settimana in settimana e difficilmente le assunzioni potranno avvenire entro il 1 settembre. L’idea che la competizione tra insegnanti porti miglioramenti qualitativi è risibile. Si può certo valutare il lavoro degli insegnanti ma tenendo conto della complessità del rapporto tra docenti e discenti, del fatto che l’insegnamento è una attività etica e deve contribuire a formare non delle persone esclusivamente addestrate a svolgere dei compiti funzionali alla più arida legge del profitto, ma delle persone capaci di abitare con intelligenza il mondo, a progettare liberamente insieme ai propri simili percorsi di vita individuali e collettivi degni di essere vissuti. Il 12 marzo gli studenti scendono in piazza: è il momento di tornare al conflitto sociale anche nella scuola dove dei sindacati finalmente liberatisi da passività e incapacità di essere veramente rappresentativi, insieme a studenti docenti, genitori, possano fermare questo governo nel suo tentativo sistematico di cancellare definitivamente le conquiste politiche e civili del secolo scorso. Bloccare Renzi prima che devasti e desertifichi la scuola italiana questa è la priorità. Ma nel frattempo bisogna con forza richiedere che il parlamento approvi la legge di iniziativa popolare sulla scuola della Costituzione che giace alla Camera dal 2006. Se distruggono la scuola distruggono le basi stesse della nostra democrazia e civiltà.