Il primo decreto attuativo del Jobs Act (1), nell’introdurre il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, ha riscritto il regime di tutela dei lavoratori nei casi di licenziamento illegittimo, discriminatorio, o privo degli estremi previsti per il giustificato motivo oggettivo, soggettivo o la giusta causa.
La nuova disciplina si segnala per aver ampliato notevolmente la tutela risarcitoria, con conseguente riduzione delle ipotesi di reintegrazione nel posto di lavoro.
CAMPO DI APPLICAZIONE
Le nuove norme saranno applicabili ai licenziamenti irrogati ai lavoratori subordinati del solo settore privato, ad eccezione dei dirigenti, assunti con contratto a tempo indeterminato successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo in commento o a quelli a tempo determinato il cui rapporto sia stato convertito a tempo indeterminato dopo la data sopra indicata, nonché per gli apprendisti stabilizzati.
Tuttavia, il nuovo regime sarà applicabile anche ai licenziamenti dei dipendenti assunti precedentemente alle date suddette, qualora, in conseguenza di nuovi rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore del decreto, il datore di lavoro integri il requisito occupazionale di cui all’art.18, commi 8 e 9, della Legge n.300 del 20 maggio 1970.
Stante il silenzio del legislatore, sembra possibile ritenere invariata l’attuale disciplina relativa alle residuali ipotesi di recesso ad nutum, quello, cioè, irrogato ai danni dei lavoratori domestici, di quelli in prova, nonché per i dipendenti che abbiano raggiunto l’età pensionabile.
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO, NULLO E ORALE
L’obbligo di reintegrare in servizio il lavoratore estromesso dall’azienda continuerà ad operare nei seguenti casi di licenziamento:
– nullo perché discriminatorio (2);
– nullo perché riconducibile ad altre fattispecie di nullità espressamente previste dalla legge;
– inefficace perché intimato oralmente;
– con difetto di giustificazione per motivi consistenti nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (3).
In tutte le ipotesi di recesso appena elencate, i lavoratori, oltre alla reintegrazione in servizio, avranno diritto anche ad un’indennità risarcitoria.
Per quanto riguarda l’applicazione della c.d. tutela reale, occorre precisare che, qualora il dipendente non si presenti in servizio entro i 30 giorni successivi all’invito formulatogli in tal senso dal datore di lavoro, il rapporto sarà considerato definitivamente risolto.
Inoltre, entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, ove anteriore alla predetta comunicazione, il dipendente può optare, in sostituzione della reintegrazione, per una maggiore indennità risarcitoria, non assoggettata a contribuzione previdenziale, pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Per quanto attiene al risarcimento per il danno, invece, il legislatore ha chiarito che detta indennità:
– deve essere commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo compreso tra il giorno del licenziamento e quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative;
– non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto;
– è assoggettata alla contribuzione previdenziale ed assistenziale.
LICENZIAMENTO ECONOMICO E LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Il decreto legislativo in commento ha ridotto drasticamente l’ambito applicativo della tutela reale, sia nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo che per quelli per giusta causa.
In relazione a queste fattispecie di recesso, infatti, il legislatore ha scelto di ampliare la tutela obbligatoria, a beneficio, di fatto, delle imprese più grandi, onerate, secondo le modifiche, al pagamento di un’indennità risarcitoria di minore entità.
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Nel caso in cui venga accertata la mancata sussistenza degli estremi del licenziamento per motivi economici, il giudice dichiarerà estinto il rapporto alla data del recesso, condannando il datore di lavoro al pagamento di un’indennità in favore del dipendente, pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio prestato.
In ogni caso, la predetta indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, dovrà essere ricompresa tra le quattro e le ventiquattro mensilità.
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo e recesso per giusta causa – Nel ridisciplinare la tutela reale, il decreto legislativo ha stabilito che, in via esclusiva, per le sole ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo e di licenziamento per giusta causa, laddove, nell’istruttoria, sia stata dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, il giudice:
– annulla il licenziamento;
– condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro;
– condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria;
– condanna il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali in relazione alle giornate comprese tra la data del licenziamento e quella dell’effettiva reintegrazione, senza aggravio delle sanzioni previste per l’omessa contribuzione.
In simili casi, l’indennità risarcitoria, deve essere commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, dedotto l’eventuale aliunde perceptum, e, in ogni caso, non può essere superiore a dodici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento determinata nel modo suddetto.
Anche in questo caso, il dipendente potrà chiedere al datore di lavoro, in alternativa alla reintegrazione e sempre entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito dell’azienda a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, non assoggettata a contribuzione previdenziale.
In relazione alle fattispecie di licenziamento ad oggetto, è necessario sottolineare come il legislatore abbia configurato il relativo impianto delle tutele in riferimento esclusivo al “fatto materiale”, il quale, svincolato da profili di gravità o di proporzionalità, non lascia posto né ad eventuali valutazioni o limitazioni contrattuali, né alla discrezionalità del giudice. Conseguentemente, viene meno anche il giudizio sulla sproporzionalità del licenziamento rispetto alla gravità del fatto contestato.
A ciò si aggiunga che, stante la disposta inversione dell’onere della prova, in simili casi, sarà il lavoratore a dover dimostrare l’insussistenza del fatto materiale.
LICENZIAMENTO VIZIATO NELLA FORMA O NELLA PROCEDURA
Il decreto legislativo ha disposto che nel caso in cui la comunicazione del licenziamento sia priva dell’indicazione dei motivi che lo hanno determinato (4), oppure qualora il recesso sia stato intimato senza il preventivo espletamento della procedura disciplinare prevista dall’art.7 della Legge n. 300/1970, il giudice dovrà dichiarare estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento, con conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità pari, per ogni anno di servizio, ad una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Detta indennità, esente da contribuzione previdenziale, non può essere inferiore a due e superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza di un licenziamento nullo o inefficace o, altresì, fondato su un fatto materiale insussistente.
REVOCA DEL LICENZIAMENTO
Il legislatore ha regolamentato anche l’ipotesi della revoca del licenziamento, stabilendo che, solo nel caso in cui la stessa risulti effettuata entro i quindici giorni successivi alla comunicazione con cui il dipendente abbia comunicato al datore di lavoro l’impugnazione del recesso, il rapporto dovrà considerarsi ripristinato senza soluzione di continuità.
In questo caso, il lavoratore avrà diritto unicamente alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca.
NUOVA PROCEDURA DI CONCILIAZIONE
Il decreto legislativo ha escluso, per i nuovi licenziamenti, l’obbligo della preventiva richiesta obbligatoria di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro (5), introducendo per tali fattispecie di recesso un nuovo tipo di “Offerta di conciliazione”, volontaria.
In base a questa nuova procedura, il datore di lavoro avrà la possibilità, al fine di pervenire ad una risoluzione stragiudiziale della controversia, di offrire al dipendente licenziato un importo, esente sia da tassazione che da contribuzione previdenziale, di ammontare pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura, comunque, non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità.
In simili casi, la conciliazione risulterà perfezionata con la consegna di un assegno circolare al lavoratore, effettuata, entro i termini d’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, presso una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, del codice civile, vale a dire dinnanzi al giudice istruttore, all’associazione sindacale alla quale il lavoratore aderisce o conferisce mandato, alle commissioni di conciliazione presso le DpL, oppure presso le Commissioni di conciliazione di cui all’art.82, comma 1, del D.Lgs. n.276/2003.
Nello specifico, la norma chiarisce che l’accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e, ove sia già stata proposta, la sua rinuncia alla impugnazione del recesso.
In ogni caso, resta ferma per le parti la possibilità di addivenire ad ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge.
LAVORATORI IMPIEGATI NEGLI APPALTI
Per una maggior tutela dei soggetti occupati negli appalti, ai fini della quantificazione di tutte le indennità risarcitorie di cui si è detto, il decreto legislativo ha previsto che l’anzianità di servizio del lavoratore passato alle dipendenze dell’impresa subentrante va computata tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il dipendente è stato impiegato nell’attività appaltata.
PICCOLE IMPRESE
Il decreto ha espressamente escluso l’applicazione dalla reintegrazione nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo irrogato dalle aziende con meno di 15 dipendenti.
Inoltre, per tali aziende, nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo o di giusta causa dichiarato illegittimo, anche per vizi formali o procedurali, le indennità risarcitorie devono essere dimezzate e, comunque, quantificate nel limite massimo di 6 mensilità.
ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
Un’altra novità di rilievo è quella che estende l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nel testo modificato dal decreto legislativo in commento, anche ai datori di lavoro non imprenditori, esercenti, senza fine di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
LICENZIAMENTI COLLETTIVI
Il legislatore ha previsto che le nuove disposizioni saranno applicabili anche ai licenziamenti collettivi.
Per questa fattispecie, tuttavia, il decreto legislativo ha configurato un trattamento diverso a seconda se il recesso coinvolga i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, o se, invece, riguardi dipendenti assunti successivamente.
In sostanza, ai lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto delegato dovrà essere applicato il regime sanzionatorio pregresso, mentre agli altri quello previsto dalla nuova normativa.
1) – Legge n.183/2014;
2) – secondo quanto disposto dall’art.15 della Legge n.300 del 20 maggio 1970 e successive modificazioni;
3) – ai sensi degli artt.4, comma 4, e 10, comma 3, della Legge n.68 del 12 marzo 1999;
4) – di cui all’art.2, comma 2, della Legge n.604/1966;
5) – di cui all’art.7 della Legge n.604/1966;
Dott. Valerio Pollastrini
Consulente del Lavoro
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