Riceviamo e pubblichiamo
“Che cosa è un Piano Regolatore? Nell’ordinamento italiano il Piano Regolatore Generale Comunale (P.R.G.C.) è definito come uno strumento che regola l’attività edificatoria in un territorio comunale e contiene indicazioni sul possibile utilizzo o tutela delle porzioni del territorio cui si riferisce. In altre parole, il Piano Regolatore stabilisce le regole, i limiti e le destinazioni degli spazi urbani: esso è lo strumento di gestione dell’assetto del territorio. Il Comune di Anzio ha approvato, nel 2005, il suo nuovo Piano Regolatore redatto dall’illustre professore Pier Luigi Cervellati, docente universitario di “Riqualificazione urbana e territoriale”. La redazione di un nuovo piano regolatore trova spesso ragioni nella necessità di dare risposte a nuovi fenomeni sociali ed a sostanziali mutamenti economici ed infrastrutturali, per guidare cioè lo sviluppo e la crescita in modo equilibrato, negli strumenti urbanistici ed armonico, negli stili costruttivi. Le ragioni di sviluppo e gli obiettivi del piano regolatore vengono di norma definiti dalle amministrazioni comunali all’atto dell’incarico al professionista che deve svilupparlo. Quali furono gli obiettivi che il Piano Cervellati dovrebbe raggiungere nel un suo ordinato, equilibrato ed armonioso divenire? Li stralcio direttamente dalla “Relazione Generale “ del PRGC di Anzio: 1. definire un assetto del territorio adeguato alle esigenze di uno sviluppo qualificato e corrispondente alle istanze presenti e future della città di Anzio ( ciò significa che si deve progettare un assetto urbano e territoriale rispettoso del passato e promozionale del futuro, per definire un presente consapevole e partecipato da tutti i cittadini). 2. mantenere e potenziare l’identità culturale del territorio quale supporto anche a un diverso e ulteriore incentivo economico, (ciò comporta che si debbono individuare le peculiarità di Anzio nella consapevolezza della sua storia e della sua natura nonché delle sue potenzialità sociali ed economiche ) 3. promuovere la qualità del territorio quale base dello sviluppo. (La qualità non è sinonimo di quantità; come si è creduto per molto tempo nel redigere i piani regolatore, bensì impone che ogni scelta sia finalizzata al miglioramento delle condizioni urbane e ambientali, economiche e sociali del luogo pianificato). Vorrei evitare ogni esercitazione dialettica sulla tecnica urbanistica che sarebbe difficile per i lettori seguire e per me articolare adeguatamente della storia recente e recentissima del Comune di Anzio e delle sue diatribe politiche. Ritengo sia molto più facile e, sicuramente più intellettualmente onesto, cercare di valutare, non tecnicamente, ma al lume della banale logica del cosiddetto uomo della strada, che alla fine ne è il fruitore finale, se il Piano Regolatore stia, come promesso, mantenendo un adeguato assetto del territorio; stia potenziando l’identità culturale del territorio stesso e promuovendo la sua qualità. Sembrano le tipiche buone intenzioni di cui è lastricata la via dell’inferno. Perché, fra tardivi ripensamenti e goffi tentativi di smarcarsi da parte dei responsabili della politica locale, infernali sono gli effetti a tutti visibili e da tutti comprensibili, che la nuova guida urbanistica ha portato sul territorio comunale dopo dieci anni di vita. Dove è lo sviluppo qualificato? Ed il potenziamento dell’identità culturale? Non parliamo della promozione della qualità del territorio. Dove sono le nuove strutture sociali indispensabili per parlare di qualità? Dove le iniziative imprenditoriali pubbliche e private per poter parlare di sviluppo qualificato? Quali i programmi, anche di lungo respiro, per dare una risposta alle esigenze promozionali del territorio? Non si pensi di dare qualche risposta sensata a questi quesiti attraverso la panacea di tutti i mali di Anzio e cioè il famigerato nuovo porto che, inserito nel contesto viario esistente aggiunge solo un altro problema e non una soluzione. Il nuovo piano regolatore accentua, e non era certamente necessario, la funzione di Anzio come periferia di terza fascia di Roma Capitale, funzione che è solo parzialmente ostacolata dai collegamenti ferroviari ed automobilistici fatiscenti. L’effetto inconfutabile, che molti osservatori chiamano ormai disastro, è sotto gli occhi di tutti: la incontrollata ed inarrestabile proliferazione in modo del tutto squilibrato di migliaia di nuove unità abitative nate senza alcuno stimolo di un mercato già saturo delle tante abitazioni esistenti che, per ragioni contingenti o per una disaffezione turistica, molti proprietari pongono in vendita. Quantità e non qualità. Si demoliscono decine di ville e villette realizzate degli anni 60 e 70 edificate con tassi di edificabilità di tutto respiro per realizzare blocchi di 4 mini appartamenti che si mettono in vendita con nome di “villini plurifamiliari” di qualità decisamente bassa. In compenso si tagliano in modo indiscriminato centinaia di alberi adulti causando una vera e propria mutazione dell’habitat naturale. Nuovi insediamenti nascono ovunque senza che esista un mercato che li possa assorbire se non attraverso un ulteriore crollo dei prezzi che li renda appetibili a nuovi pendolari che fuggono dall’inaccessibile mercato della Capitale. Un ex Vice Sindaco di Anzio ha, tempo fa, denunciato il fatto che tanti costruttori sono in sofferenza perché migliaia di appartamenti restano invenduti. Questa ingenuità dei costruttori non mi convince troppo: chi è così stupido da finanziare progetti che tutti sanno che verranno commercializzati in un mercato che chiamare saturo è solo un eufemismo? Chi può avere interesse ad investire danaro senza preoccuparsi troppo dell’immediato ritorno? Che il Piano Regolatore possa servire anche a trasformare il territorio di Anzio in una lavanderia per danaro mafioso non è certamente un’ipotesi troppo peregrina ma che va oltre la buona fede di chi il Piano Regolatore ha voluto ed ha approvato. Pecunia non olet nemmeno ad Anzio, ma questo non deve alimentare lo sciacallaggio strumentale di chi fa la politica del meno peggio paventando commistioni fra gli amministratori locali e le organizzazioni criminali; come, tempo fa, ha saggiamente chiarito il Prefetto dichiarando “ Allo stato non risultano situazioni che impongano l’attivazione delle procedure di legge di cui all’art. 143 del DL 267 del 2000” che tradotto significa: non ci sono ragioni per imporre limitazioni operative o controlli particolari al Consiglio Comunale di Anzio. Meglio così. Restano tutti i danni che un piano regolatore mal concepito e peggio attuato stanno creando e creeranno sul territorio e nel tessuto sociale del comune neroniano”.
Sergio Franchi