“Sulla vicenda porto abbiamo assistito ad evoluzioni e avvenimenti di ogni tipo.
Si era partiti, a detta degli amministratori di allora, con la costituzione di una società pubblica per la realizzazione dell’opera, ci ritroviamo con una società privata al 39% e sull’orlo del fallimento.
Ci era stata prospettata un’operazione che avrebbe migliorato e arricchito Anzio, ci ritroviamo, dopo aver dilapidato circa due milioni di euro e forse più, con un pugno di mosche: la gara a suo tempo bandita per la realizzazione del porto non ha avuto alcun esito e, stante la grave crisi economica che ha colpito pesantemente anche il settore della nautica, è ormai completamente saltata ogni sostenibilità economica di un’opera faraonica oltre che dannosa per l’assetto complessivo della città.
Il PD nella fase iniziale di questa vicenda si era diviso tra chi pregiudizialmente contrario al progetto del porto, pensando di poter esercitare una sorta di diritto di veto, e chi, come il sottoscritto con l’associazione “Sinistra senza Aggettivi” ed altri compagni e consiglieri comunali di allora, sosteneva la necessità di proporre una nostra idea precisa di porto accettando e rilanciando la sfida della maggioranza di allora sulla necessità di ammodernare ed eventualmente ampliare il porto di Anzio partendo dalla soluzione delle criticità di vario tipo dell’attuale bacino.
La drammatica condizione in cui versa oggi la società “Capo d’Anzio” impone decisioni drastiche e non ulteriormente procrastinabili.
Ecco allora la proposta illustrata dal PD nella conferenza stampa del 26 aprile: lanciare un azionariato popolare per salvare la “Capo d’Anzio”.
Con tutto il rispetto che si deve a chi, in buona fede, si sforza di trovare soluzioni a problemi seri, quella proposta sembra proprio una trovata da illusionista, non sembra una risposta adeguata a problemi seri: un coniglio tirato fuori dal cilindro ma non rappresenta certo una reale possibilità di soluzione.
L’azionariato popolare, proposta “ideologicamente” perfetta in realtà viene qui declinato come strumento di salvataggio di una società sull’orlo del fallimento, la cui responsabilità ricade peraltro tutta sulla destra anziate e non solo nelle sue varie anime e articolazioni, e che dovrebbe così consentire la realizzazione del porto.
Quale porto ?
In assenza di qualsiasi ipotesi diversa o concreta variante, il porto del mega progetto sulla cui inadeguatezza tutto il PD unito era d’accordo . Oggi di quel progetto si dice che potrebbero essere considerati solo “eventuali aggiustamenti” in una successiva fase temporalmente indefinita, cioè mai.
Inoltre tale proposta sembra impraticabile anche tecnicamente, ad esempio: con l’emissione di nuove azioni perché il socio privato dovrebbe rinunciare di sua iniziativa al diritto di prelazione ?
Sembra davvero troppo chiedere ai cittadini di Anzio di finanziare, senza neanche avere nessuna certezza per un possibile ritorno economico, la distruzione della parte più bella di Anzio cioè il porto e le riviere. Vedo già frotte di anziati che si accalcano per versare i loro risparmi !
Per essere più chiari: anche se la proposta fosse praticabile (e non lo è) aspetto finanziario e proposta progettuale non possono avere tempi diversi. Nel momento in cui si chiedono soldi ai cittadini bisogna avere la correttezza di dire chiaramente per cosa si chiedono.
Tralasciando in questa sede le valutazioni prettamente politiche sulla proposta del PD, che di concreto ha solo la richiesta di un novo consiglio di amministrazione per la “Capo d’Anzio”, è evidente che è sempre più urgente l’esigenza di creare nuove condizioni e opportunità di carattere amministrativo ed economico per legare qualunque iniziativa pubblica (azionariato popolare, finanziamenti, gestione ecc) all’obiettivo finale che è quello di realizzare un porto a misura di città.
C’è da riaprire un canale di confronto con la Regione eventualmente rinegoziando con essa caratteristiche e dimensioni della concessione demaniale, verificando anche la possibilità di interventi diretti anche parziali ( primo fra tutti l’escavo del canale) per concretizzare una nuova configurazione del porto che si basi sui seguenti punti:
• Ammodernamento e adeguamento dell’attuale bacino senza modificarne le attuali destinazioni d’uso e caratteristiche (senza diminuire le banchine per l’attracco dei pescherecci) e prevedendo eventuali nuovi posti barca turistici nelle aree residue, comunque consistenti, non necessarie alla attuale attività portuale, al fine di mantenere intatto il proficuo connubio porto-città.
• Realizzazione di un ampliamento del piazzale retrostante il porto, con le necessarie opere accessorie, solo per la dimensione sufficiente ad ospitare i cantieri navali, spostandoli così dall’attuale ubicazione.
• Intervento sulle riviere sia di ponente sia soprattutto di levante nelle aree liberate dai cantieri per ridisegnare tutto il water front del centro che migliorerebbe enormemente la bellezza e l’attrattiva turistica della città.
Il peccato originale del mega progetto approvato a suo tempo è infatti quello di considerare il porto avulso dalla città come sono tutte le “marine”; occorre ribaltare quella concezione e promuovere un concorso di idee per le riviere che migliori e rafforzi il legame del porto (d’Anzio) con la città e l’entroterra.
Questa era la proposta su cui il sottoscritto si è sempre battuto con i compagni dell’associazione “Sinistra senza Aggettivi” che, a maggior ragione, oggi mantiene la sua validità.
La Regione non potrà e credo non vorrà sottrarsi al confronto alla luce dell’esperienza fin qui maturata, degli errori fatti, delle mutate condizioni economiche e della finanza pubblica. Solo con questa idea di porto e questo quadro istituzionale di riferimento sarà proficuo proporre tra le altre possibilità anche forme di azionariato polare che, come viene proposto oggi, qualora fosse attuato ha il sapore di una “sola” da rifilare ai cittadini di cui peraltro non si vede neanche l’utilità per ol PD in termini di propaganda elettorale”.
Enzo Toselli
Associazione “Sinistra senza Aggettivi”