Dopo proteste. Chiude il reparto di degenza “Ferraresi” dell’Ospedale Villa Albani, il personale inviato a tappare i buchi del Riuniti di Anzio e Nettuno. Lo rende noto in una nota Sel , che denuncia anche i tagli del Governo alla sanità
Dopo le proteste di questi giorni e le raccolte di firme contro le difficili condizioni in cui opera il pronto soccorso e alcuni reparti dell’Ospedale Riuniti, la Dirigenza dell’ospedale corre ai ripari, chiudendo si spera temporaneamente il reparto di degenza (Ferraresi), che accoglie i pazienti in riabilitazione post operatoria, di Villa Albani e spostando il personale infermeristico verso l’Ospedale di via Cupa. “Un provvedimento che sembra una beffa – commenta la Segreteria Regionale di Sel- per tappare il buco del Riuniti si chiude un reparto importate come quello di Villa Albani, costrigendo chi si opera ad Ortopedia a ricoverarsi poi nelle strutture private. Questo perchè il governo continua a tagliare le risorse alla sanità Pubblica, previsti, infatti, 2 miliardi di tagli l’anno“. Gia nel giugno dello scorso anno Sel aveva presentato un’interrogazione al Ministro della Sanità contro la chiusura dell’ospedale Villa Albani prevista dall’allora Piano del Commissario Governativo.vedi interrogazione. “Purtroppo notizie allarmanti riguardano la chiusura di servizi essenziali dell’Ospedale di Anzio e Nettuno– hanno commentano nei giorni scorsi Francesa Tammone e Gabriele Palomba rispettivamente coordinatori di Sel Nettuno ed Anzio- oltre al paventato trasferimento della farmacia del nosocomio ad Ariccia, un fatto gravissimo considerato che dispensa anche i farmaci salvavita e al già avvenuto traferimento del Centro trasfusionale a Velletri. Una vera vergogna, a ridosso dell’estate, con un utenza di 110.000 residenti che triplica nei mesi estivi, si continua a depotenziare le strutture ospedaliere di fondamentale importanza per il territorio del litorale romano“.
Il Governo Renzi, detto fatto. Il governo dopo gli annunci passa al decreto. Un pacchetto di emendamenti al decreto “omnibus” enti locali, presentato nei giorni scorsi, darà la prima spinta ai tagli (il governo continua a chiamarla spending review) sulla Sanità. Dopo il via libera tecnico-politico giunto con le parole del Commissario alla revisione della spesa pubblica, Yoram Gutgeld, arrivato via intervista a Repubblica, il governo accelera. “No agli allarmismi – ha rassicurato ieri il premier Matteo Renzi – sulla sanità si lavora soprattutto alla razionalizzazione e alla riduzione delle centrali di spesa”. Mentre le Regioni si mettono in posizione di guardia: “Abbiamo già dato”, dicono in coro gli assessori alla Sanità.
In ballo c’è un pacchetto di misure per 2,3 miliardi nel 2015, altrettanti nel 2016 e nel 2017. I provvedimenti riguarderanno direttamente i cittadini. In primo luogo c’è il taglio delle prestazioni specialistiche (visite, esami strumentali ed esami di laboratorio) non necessarie (nel linguaggio tecnico: non appropriate). Il ministero della Salute con un imminente decreto stilerà la lista delle situazioni e patologie dove analisi e approfondimenti sono necessari, se si è fuori della lista si pagherà di tasca propria. La norma prevede anche una stretta sui medici perché il principio che ispira la razionalizzazione è che bisogna frenare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”. Da oggi chi sbaglia subirà un taglio allo stipendio. Nicola Fratoianni coordinatore e deputato Sel commenta: «Più di 2 miliardi di tagli all’anno in tre anni su prestazioni e servizi. Nemmeno una parola sui circa 30 miliardi di euro sottratti al sistema sanitario negli ultimi 5 anni. Nemmeno una parola sulle corsie degli ospedali in sofferenza per mancanza di personale, né una parola sulle condizioni di lavoro degli operatori e delle persone che hanno bisogno e faticano ad accedere alle cure. Proseguendo su questo piano inclinato, appare chiaro che la meta ultima cui si aspira è quella della privatizzazione di fatto dei servizi».