Di Maurizio Caldarelli
GROSSETO. Per quattordici anni il Bbc Grosseto è stato la sua famiglia, da dieci è la stella di una squadra che, anche grazie alle sue 85 vittorie, ha conquistato due scudetti ed una coppa campioni. Ma alla fine Riccardo De Santis, a trentadue anni, ha deciso di cambiare aria, di tornare ad assaporare il profumo dello scudetto, firmando un contratto triennale con il Nettuno. Prima di uscire di scena, però, ha voluto spiegare la sua verità e ribadire l’amore verso la sua società.
«Sia chiara una cosa – esordisce – io sono un giocatore del Nettuno solo dalle 15,30. Ed è solo una decisione mia di non giocare a Grosseto, partendo dal presupposto che la situazione non è sostenibile, che non c’è il minimo garantito (e mi riferisco all’organizzazione) per il 2012. Fino all’ultimo ho cercato di rimanere, al massimo di andare in prestito per un anno e poi tornare in biancorosso da settembre 2012. A settembre avevo parlato a Roberto Baricci della mia idea di andare in prestito, ricevendo parere favorevole. Ma le cose sono cambiate con il passare prima del tempo: prima ci sono state prospettate difficoltà a mettere in campo una squadra, poi è venuto fuori che si faceva con i giovani ed infine Baricci ha detto a noi giocatori che il Monte si era chiamato fuori e lui non poteva garantire l’attività».
«Io ho cominciato a proporre la questione ad inizio estate, ma non mi è stata data attenzione. Pensavo di poter andar via gratis, in cambio di giocatori. Ma nell’ultimo incontro mi è stato detto testualmente: “Tu pensavi di andar via gratis. La società è in perdita e non può darti via gratis”. A quel punto, capito che l’operazione era solamente commerciale, ho autorizzato lo svincolo. Io me la immaginavo diversa: credevo di poter andare via per un anno, continuare ad allenarmi qua, magari mantenere il mio armadietto e vietare l’utilizzo della mia maglia, che mi sarei ripreso dopo qualche mese».
La raccomandata è partita lunedì scorso e la cessione diventerà ufficiale dopo l’arrivo del bonifico del Nettuno, entro il 15 dicembre.
Riccardo De Santis chiude così una parentesi della sua vita durata quattordici anni: «Sono stato due anni nel Roselle – dice – poi nel 1997 ho debuttato in prima squadra. Per me è un giorno triste. Sono contento della squadra in cui vado, del fatto che torno a giocare per qualcosa d’importante. Ma spostarmi a Nettuno vuol dire chilometri in più, non avere allo stadio quelle persone che mi venivano a vedere e che aspettavano il weekend per sistemarsi sui gradoni dello Jannella. Avrei potuto aspettare fino al 31 marzo, ma non mi sono fidato».
«Andando a Nettuno – prosegue – ritrovo quello stimolo di gioco che avevo messo da parte negli ultimi. Dopo l’infortunio sono tornato per vincere, ma l’obiettivo non poteva andare oltre i playoff».
Riccardo è stato uno dei giocatori più corteggiati di questo inizio di off-season: «Mi hanno cercato Bologna, San Marino, Rimini e Nettuno. Con Rimini c’è stato un contatto senza seguito; Bologna e San Marino volevano impiegarmi come rilievo. Sono gratificato di essere stato scelto da San Marino, la squadra campione, che ha allestito un organico da paura. Ma là sarei stato uno dei tanti».
«Ho scelto Nettuno – aggiunge – perché Bagialemani, al quale a Grosseto non è stato modo di lavorare, è andato vicino al titolo con i giovani ed un certo tipo di progetto. Devo essere sincero, mi hanno anche convinto le ottomila persone che erano presenti all’All Star Game e le settemila che hanno sostenuto la Danesi nella finale scudetto».
Riccardo lascia, ma il suo cuore rimane a casa e si sente in dovere di dare un consiglio a chi è intenzionato a prendere in mano la società. «Partirei da una constatazione. L’ultimo giocatore in grado di diventare titolare uscito dal vivaio è stato mio fratello, Andrea, che ha 29 anni. Mancano dieci anni e non è produttivo mandare allo sbaraglio dei giovani».
«Secondo me il baseball a Grosseto dovrebbe ripartire dalla A federale e poi quando si è consolidato può chiedere di tornare. Chiunque faccia l’Ibl la farà male. E’ il momento di tirare una riga. Una cosa è certa: se c’è una speranza di rimanere ad alti livelli, bisogna ripartire da Enrico Vecchi e dal suo staff, Giannoni, Biagiotti, Cipriani. Ci vogliono persone, come Enrico, capaci di fare anche scelte impopolari, per il bene della squadra. Nello scorso campionato ha dimostrato di avere gli attributi. E’ stato sempre dalla nostra parte, senza fomentare, ma tenendo calme le acque. Ai giocatori è giusto chiedere attaccamento, ma non sacrifici. Così è dura giocare. Vecchi ci ha dato tanta forza, ma tra i dirigenti e i giocatori c’era un muro. Per alcuni ragazzi andare in trasferta era diventato un peso. E’ brutto vedere una cosa del genere. A mio parere è meglio ridimensionarsi. Mi sembra di tornare al 1997, ma stavolta non ci sarà La Gardenia a ritirarci su. E si rischia di perdere altri giocatori: si sono fatti scappare De Donno, che aveva sostituito con tanta passione mio fratello; Sonnacchi poteva diventare un ottimo ricevitore del pomeriggio ed un buon battitore designato, ma si sta guardando intorno. Ed anche a me nessuno a detto ripensaci. Ma non posso avere niente contro il Bbc Grosseto, l’ho amato troppo».