Scarichi abusivi o non controllati direttamente su spiaggia e un deficit depurativo continuano a minacciare il mare del Lazio. Dei 24 punti monitorati lungo le coste laziali da Goletta Verde, 15 presentano una carica batterica superiore ai limiti consentiti dalla legge. Con questi dati la campagna di Legambiente, realizzata anche grazie al contributo del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, chiude la sua tappa nel Lazio.
Prelievi e analisi sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente tra il 22 e il 23 luglio scorsi. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e sono stati considerati come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
Dei 14 prelievi effettuati in provincia di Roma, 10 hanno riportato un giudizio di “fortemente inquinato”. Nella Capitale cariche batteriche ben oltre i limiti sono state riscontrate alla foce del fiume Tevere e alla foce del canale presso il cancello numero 1 a Ostia (sempre a Ostia è invece risultato nei limiti il prelievo effettuato al canale dei Pescatori).
Prelievi con esito negativo sono stati effettuati sul lungomare Pyrgi (altezza via Oleandri) a Santa Severa di Santa Marinella; alla foce del fiume Arrone, sul lungomare di Ponente di Fregene; alla foce del canale Crocetta (Filadelfia), alla foce del canale Orfeo e alla foce del Rio Torto tutti a Torvajanica, nel comune di Pomezia; alla foce del fosso Grande ad Ardea; alla foce del fosso Cavallo Morto (lungomare delle Sterlizzie) in località Lido dei Gigli di Anzio e alla foce del porto canale Loricina di Nettuno.
Entro i limiti, invece, gli altri campionamenti: alla foce del fosso Zambra a Marina di Cerveteri; alla spiaggia presso la foce del canale e del fiume Statua a Ladispoli.
Molte delle problematiche riscontrate dai tecnici di Goletta provengono dall’entroterra, ne è un esempio il Tevere, dove poche settimane fa Legambiente denunciava la presenza di ben 12 scarichi non depurati solo a Roma. E se tutte le regioni italiane sono ormai sotto l’attenzione dell’Ue, l’ultima procedura arrivata lo scorso anno coinvolge sei agglomerati urbani laziali che risultano non conformi all’art.4 in quanto non è stato dimostrato che tutto il carico generato riceva un adeguato trattamento secondario: Roma, Anagni, Fontana Liri-Arce, Monte San Giovanni Campano, Orte e Piglio.
Anche secondo i dati Istat del 2012, oltre il 40% dei reflui civili nel Lazio non viene adeguatamente trattato e apporta così il suo carico inquinante a mare. Grazie ai fondi della legge di Stabilità 2014, il ministero dell’Ambiente nel novembre scorso ha finanziato 132 interventi nel Centro-Nord per risolvere i contenziosi con l’Ue. Alla Regione Lazio sono stati destinati 16milioni e mezzo di euro per opere di collettamento e depurazione che ricadono negli agglomerati urbani di Vignanello, Canepina, Vallerano e Soriano nel Cimino.
Non va meglio sul fronte dell’informazione ai cittadini. La vigente direttiva sulle acque di balneazione impone ai Comuni di divulgare informazioni sulla qualità dei singoli tratti di mare, secondo la media degli ultimi quattro anni di prelievi (qualità scarsa, sufficiente, buona, eccellente). Eppure, in nessuno dei punti campionati i tecnici di Legambiente hanno trovato traccia della cartellonistica informativa. Alcune foci di fiumi e canali (ad esempio la foce del Tevere) risultano balneabili sul Portale delle Acque, il sito gestito dal ministero della Salute dove dovrebbero confluire i dati delle Arpa regionali e delle stesse Regioni.
Sono passati dieci anni dal termine ultimo che l’Unione Europea ci aveva imposto per mettere a norma i sistemi fognari e depurativi e ora, denuncia Legambiente, “siamo prossimi alla terza sentenza di condanna prevista per gennaio 2016. In questa regione secondo il rapporto della ‘Struttura di missione’ del Governo, la multa sarà di 7 milioni di euro”.
“Le sfide d’ora in poi devono essere quelle di uno sviluppo sostenibile che punta alla valorizzazione della specificità del Lazio – commenta Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio – Le nostre analisi però dimostrano che c’è tanto ancora da lavorare per rilanciare davvero le aree di pregio, investendo sul sistema depurativo e spendendo bene le risorse già pronte”.
“I risultati che oggi presentiamo – conclude – focalizzano criticità specifiche nella provincia di Roma in particolar modo, ma anche in settori del Sud-pontino e della Tuscia laziale, dove continuiamo a trovare in piena stagione balneare troppi punti fortemente inquinati, tra foci e scarichi, ma anche nel bel mezzo di importanti e frequentate spiagge”. (ADNKRONOS)