Il Pd sfratta Marino dal Campidoglio. Dopo un giorno di pressing totale, il sindaco costretto alle dimissioni

Ignazio Marino ha resistito finché ha potuto, poi costretto dal suo partito il PD, ieri sera alle sette e mezzo si è dimesso da sindaco di Roma. 

Si pos­sono met­tere in fila le con­ti­nue gaf­fes e le bucce di banana, ultima la più fasti­diosa: gli scon­trini, che hanno offerto l’ex sin­daco come una cilie­gina sulla torta al vasto schie­ra­mento che aveva ini­ziato a cuci­narlo a fuoco lento da tempo.- scrive oggi la giornalista Norma Rangeri-  Basta rive­dere lo “spet­ta­colo” offerto da Roma negli ultimi anni: da una parte i poteri eco­no­mici e poli­tici (ammesso che una tale distin­zione abbia ancora senso), dall’altro un per­so­nag­gio un po’ nar­ciso, mal­de­stro. Per­ché è indub­bio che il sin­daco Marino ci abbia messo del suo fin dall’inizio, quando 28 mesi fa osò sfi­dare l’apparato del Pd romano, quello di mafia capi­tale. Per­ciò dovreb­bero ver­go­gnarsi un po’ le per­sone e le forze poli­ti­che che met­tono Marino nel cal­de­rone del più grande scan­dalo avve­nuto a Roma negli ultimi anni. E dovreb­bero riflet­tere anche tutti quelli che ieri sera festeg­gia­vano l’annuncio delle dimissioni. E così ini­ziava la sua bat­ta­glia col­pendo per­so­naggi e lobby che i suoi pre­de­ces­sori nep­pure osa­vano nomi­nare. Chiude la disca­rica di Mala­grotta met­tendo i fari addosso al busi­ness dei rifiuti; mette mano allo snodo urba­ni­stico dei Fori Impe­riali scon­tran­dosi con la potente lobby dei com­mer­cianti“. Due mesi orsono Marino si è consegnato mani e piedi al PD che con una operazione di potere ha inserito nel Governo della città figure espressione diretta del Governo Renzi, violentando il voto del 2013 e cambiato in corsa il programma su cui aveva ottenuto la fiducia, annunciando la privatizzazione di Ama e Atac in barba alla maggioranza e al vincolo di mandato. Nonostante il commissariamento politico del PD nella Giunta, nonostante la presa diretta con il Governo Renzi non c’è stato nessun miglioramento per la città, perché se conduci una battaglia sacrosanta per la trasparenza e la legalità mettendo addirittura sotto la lente di ingrandimento il salario accessorio dei dipendenti comunali, non puoi peccare sulla stessa materia etica che agiti a gran voce, perché la città si governa, non si provoca. Se oltre ai poteri forti, tutti si mettono tutti contro: dagli spazzini agli autisti dell’Atac, dai dirigenti estromessi alla stampa interessata, neanche un marziano come Marino ce la può fare. (cp)

La lettera di dimissioni del sindaco

“Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Le mie dimissioni non sono una resa– scrive nero su bianco il già ex sindaco Marino- e temo che dopo di me torni il meccanismo corruttivo-mafioso“. Tagliente e per niente sconfitto. Anzi Marino lascia anche uno spiraglio. Che suona come un avvertimento a tutti. “Presento le mie dimissioni -scandisce- Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Ho strappato il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso“.