Racconterò altro, perché scrivere è la cosa che mi piace di più. Questo spazio resta aperto ma si occuperà meno di Anzio. Forse doveva farlo prima, magari sembrerà una resa, ma francamente la città che ci meritiamo è quella che abbiamo sotto gli occhi. Si appigliano alla democrazia, giusto, alle elezioni vinte, sacrosanto, poi alla prima occasione sono pronti a calpestare le regole basilari del vivere democratico. Una delle quali era, è e resta l’espressione del pensiero.
Ho appreso da più fonti di una prossima “spedizione” di chi – non avendo altro a cui attaccarsi – ha deciso di colpirmi nel lavoro che faccio. Spero – francamente – si tratti di una bufala, non voglio credere si arrivi a tanto, anche se i protagonisti sono pressoché gli stessi che andarono dall’editore Giuseppe Ciarrapico 22 anni fa, ma dico basta lo stesso.
Perché quando il sindaco di una città che viaggia verso i 60.000 abitanti con fare sibillino chiede a un cittadino/giornalista di fare un esame di coscienza perché “siamo nati e cresciuti ad Anzio” (riferendosi a cose che ignoro), quando si dà talmente fastidio per vicende che in un posto normale sarebbero risolte senza bisogno di pensare ai complotti, è giusto che vada così.
Ringrazio chi in questi giorni ha mandato messaggi o mi ha chiamato, chi ha preso una chiara posizione. Gli altri sono parte del brodo di coltura di una città alla deriva politico-istituzionale. Chi ha vinto è giusto che governi, certo, qualcuno spieghi loro che stanno facendo tutto fuorché governare.
Poi ho sbagliato sì, ad amare profondamente una città calpestata da chi la sta portando a una deriva mai vista prima.
Ho sbagliato sì, a documentare quello che scrivevo, a rendere noto ciò che altri non facevano, a dare quelle che erano, sono e resteranno notizie.
Ho sbagliato a spiegare – in un italiano elementare – le vicende relative alla mia presunta candidatura e le condizioni per accettarla.
Ho sbagliato perché illustri pensatori di questa città -vecchi e giovani – hanno interpretato a loro uso e consumo quella spiegazione.
Senza preoccuparsi della città che abbiamo di fronte e di quella del futuro ma, evidentemente, solo di rimanere parte di una classe dirigente e politica che è sempre la stessa da più di 30 anni e agisce in modo trasversale.
E’ stato bello raccontarlo e comunque, tranquilli, l’espressione del pensiero in questo Paese resta ancora garantita dalla Costituzione.