“Da sempre la cucina di mare anziate attira turisti e foodies, grazie alla sua schiettezza e al legame con i sapori propri anche della tradizione romanesca, declinata però sul pesce, quello povero in particolare, ovvero frutto della piccola pesca nel mare tra Anzio e Nettuno. Oggi, rinnovata, alleggerita e soprattutto molto più attenta al vino, la ristorazione di questo tratto di costa laziale è una vera e propria meta gourmet. Per i romani che agosto lo trascorrono in città e per i tanti che, invece, approfittano dell’estate per visitare i fasti capitolini e le aree limitrofe, proponiamo un breve tour gastronomico, da fare in giornata o per qualche giorno, sulla costa al sud del Lazio”.
Comincia così il servizio a cura di Marco Castaldi uscito sul Gambero Rosso che porta alla ribalta, ancora una volta, Anzio e l’ottima cucina a base di pesce. “In viaggio. Anzio, l’invenzione del pesce povero” è il titolo del servizio del quale riportiamo, di seguito, alcuni stralci.
“Si abbronzano a San Felice Circeo, Sabaudia e Sperlonga ma cenano ad Anzio”: era l’incipit di un reportage su Anzio pubblicato sul Gambero Rosso nel 1997. Ma oggi qui ci si abbronza anche, poiché gli stabilimenti balneari più in voga, il Tirrenino e l’Oasi di Ponente in centro, il Rivazzurra e l’Atollo più in periferia, hanno fatto notevoli passi avanti offrendo servizi che, seppur lontani da quelli delle più famose località di villeggiatura, consentono una permanenza piacevole: buona musica, una ristorazione semplice ma di qualità, drink ben fatti e sfizi vari all’ora dell’aperitivo. E per il dopocena non è più necessario raggiungere la vicina Nettuno, ma si possono sorseggiare dei buoni cocktail scegliendo locali come la Bodeguita, il Beach Cocktail Bar e Zerotredici. Sul fronte bar, Stampeggioni e il Malaga non temono rivali, per la pasticceria il primo e per una proposta gastronomia più diversificata e trasversale il secondo. Da registrare, poi, la crescita esponenziale del numero di gelaterie, che però non intaccano lo strapotere di Conforti, il più gettonato per via di una proposta di gusti limitata, golosa e selezionatissima basata sulla stagionalità e su materie prime eccellenti. Quello che però, pur in grande evoluzione, è rimasto il carattere identitario di questo pezzo di costa romana, è la schiettezza e la particolarità della sua cucina, legata alla piccola pesca locale e agli orti. Già a fine ‘800, la guida Baedeker citava la trattoria Turcotto di Anzio, contribuendo non poco a costruire quella fama di cui ancora oggi gode la ristorazione locale. Quella trattoria, oggi ristorante, ha appena compiuto 200 anni ed è ancora sotto la guida della famiglia Garzia. Fino agli anni ’70. Anzio era la meta gastronomica preferita non solo da politici, imprenditori e vip della Roma bene, ma anche dall’aristocrazia europea, proprio grazie alla cucina tradizionale marinara fatta di ricette semplici e genuine come la zuppa di pesce, i tortini di alici e il brodo di arzilla”.
L’enoteca De Gatto e gli altri ristoranti storici
“Ma ai vini non si dava grande importanza”racconta Franco Del Gatto, titolare con la moglie Simonetta dell’Enoteca Del Gatto, tra le più premiate d’Italia “c’erano il bianco e il rosso, al massimo quattro etichette: Verdicchio Fazi Battaglia, Pinot Grigio Santa Margherita, Corvo di Salaparuta e Fontana Candida”. Agli inizi degli anni Settanta Franco decise di cambiare volto a quella che era l’osteria di famiglia dal 1936: “Avevo 14 e tante idee in testa: non volevo fare l’oste. Iniziai a girare per cantine e a conoscere produttori del calibro del Barone Ricasoli e di Josko Gravner che mi presero a cuore per la mia giovane età. Nei miei viaggi mi seguirono da subito Priscilla Regolanti, figlia di Alceste del ristorante Alceste al Buon Gusto e Roberto Giomo, che aveva appena aperto il ristorante All’Antica Darsena. Entrambi si appassionarono e furono i primi ad Anzio a redigere nel 1980 una vera carta dei vini”.
Sdoganata l’attenzione e la passione per i vini, è stato poi Sandro Catarinozzi col suo ristorante Da Pierino a mettere in primo piano la grande attenzione alla materia prima e alla leggerezza della cucina. “Sandro è stato il migliore in senso assoluto per più di 15 anni”spiega Del Gatto “poiché il miglior pescato locale andava a lui e la carta dei vini era strepitosa, basata sui migliori vini italiani e francesi, senza contare rum e whisky da veri intenditori”.
Romolo, i crudi e il pesce povero
Così, su una base solida, fonte di ispirazione e ricca di tradizioni familiari, ecco che fa ingresso sulla scena anziate Walter Regolanti che traina il ristorante di famiglia su standard di qualità elevatissimi, grazie a una vitalità e a un’energia senza eguali, che lo portano a diventare sommelier professionista nel 1993 e a fare stage da cuochi del calibro di Alain Ducasse e Moreno Cedroni. Il papà di Walter, Romolo, aveva introdotto qui nuova idea di cucina a base di crostacei e pesce crudo e gli antipasti fatti di più assaggi sfiziosi a base di pesce povero: fragolini, tracine, sgombri, marmore. “L’idea mi venne quando ancora lavoravo in cucina da Alceste con mia madre, ma lei fu subito contraria. Le dissi di non venire più, se l’idea non le piaceva”: così l’anziano Romolo sintetizza il passaggio generazionale. Gli fa eco Salvatore Spina, pescatore da tre generazioni: “Il pesce sciabola (o bandiera), lo mangiavamo solo noi pescatori: non lo comprava nessuno. Romolo è stato il primo a proporlo in carta. Fece capire al mondo che non conta tanto la tipologia di pesce, quanto il saperlo cucinare”. Così nasce l’identità moderna della ristorazione anziate, che rimane uno degli elementi attrattivi più forti di questa costa a pochi chilometri da Roma.
“Oggi non mangiano fuori solo i signori in villeggiatura: le famiglie si regalano una gita al mare e vogliono mangiare fuori anche loro”spiega Walter Regolanti. Così, accanto ai locali storici che continuano a essere frequentati per il 90% da forestieri, si fanno spazio una miriade di insegne minori. I più saggi tra questi nuovi ristoratori hanno deciso comunque di puntare sulla qualità e sulla freschezza del pescato, offrendo prodotti meno pregiati che consentano di praticare prezzi mai al di sopra dei 40/50 euro, altri propongono invece menu turistici basati più sulla quantità che sulla qualità. “Il pesce dell’asta non basta per tutti, così i piccoli ristoranti o si riforniscono ai mercati generali di Roma, dove finisce il pesce invenduto alle varie aste del litorale”spiega Salvatore Spina “o dalle imbarcazioni per la piccola pesca che negli anni sono quadruplicate, mettendo in difficoltà le cooperative… Prima il mare ce lo curavamo noi e in base ai periodi sapevamo dove era il caso di andare e dove no, alternando le zone e dando così modo a certe specie di riprodursi, oggi siamo costretti ad andare sempre negli stessi posti perché gli altri sono vietati”.
Ciò che continua a mancare, in una ampia fascia di litorale che va da Fiumicino a Gaeta, è una pizzeria con la P maiuscola. Ce ne sarebbe davvero bisogno, accanto a ristoranti – a parte quelli di Anzio – come il Tino, l’Osteria dell’Orologio e Pascucci al Porticciolo di Fiumicino, il Satricum, Il Vistamare, Essenza e il ristorante Claudio Petrolo nell’area di Latina che stanno facendo crescere la ristorazione dal capoluogo laziale, anche lontano dalla spiaggia”.