Da i “Racconti di Porto d’Anzio”: Tragica storia di un innamorato
Era il 1914. Un giovane portodanzese di ventiquattro anni, appartenente alla benestante famiglia Ciolfi, portava avanti insieme al padre un’impresa edile impegnata nella costruzione dei palazzi Venturini[1] di via XX Settembre. Il ragazzo era innamorato di una bella ventenne di buona famiglia con cui sembrava destinato a un’unione perfetta. Ma una sera la ragazza confessò al giovane di non amarlo più e, irremovibile nella propria scelta, dichiarò che per lei era ormai tutto finito. Il ragazzo, addolorato nel profondo, tornò a casa senza esternare né agli amici né ai familiari le sue difficoltà sentimentali, mostrandosi invece con tutti di buonumore come sempre. Quella stessa sera si recò al cinema con la sorella per vedere il film Ma l’amor mio non muore[2]. A fine proiezione, apparentemente allegro e disinvolto, il giovane riaccompagnò a casa la sorella e uscì di nuovo, adducendo come scusa di aver dimenticato alcune cose in cantiere. Una volta fuori di casa recuperò una sacca precedentemente nascosta, contenente una candela e una pistola, e si avviò lungo la riviera di ponente.
Arrivato sopra le grotte di Nerone, raccolse del carbone lì depositato e proseguì per via Fanciulla d’Anzio, fino a raggiungere il cimitero, che a quell’ora della notte era chiuso. Scavalcato il cancello, avanzò nell’oscurità fino alla tomba di famiglia, spostò la pesante pietra tombale e si calò dentro. Una volta all’interno, riuscì con grande fatica a richiudere il tumulo. Per far luce, accese la candela che conservava nel sacchetto e, tenendo nella mano il pezzo di carbone, iniziò a scrivere alcune frasi sulle pareti della tomba. Poi prese la pistola e si sparò, ma l’arma fece cilecca. Cambiata idea sul proposito di uccidersi, il giovane cercò di riaprire il sarcofago senza però riuscirci.
Quella sera stessa la gente del paese, preoccupata per l’improvvisa scomparsa del ragazzo, prese a cercarlo per tutta Anzio. La notte del terzo giorno il giovane apparve in sogno all’amata, raccontandole di trovarsi chiuso dentro la tomba della propria famiglia. All’indomani parenti e amici chiamarono il guardiano del cimitero, un certo Antonio Cardoselli detto ‘Zacchera’, per farsi aprire la tomba. Con sommo stupore il giovane venne ritrovato, ormai morto, abbracciato alla cassa della madre deceduta anni prima.
[1] Facoltosa famiglia romana che possedeva ad Anzio varie abitazioni.
[2] Ma l’amor mio non muore è un film drammatico del 1913, diretto dal regista Mario Caserini.
Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042.