Aspiranti stilisti a noi: “Project Runaway” finalmente in Italia. Era ora!

di Alessia Sciamanna

Dopo ‘sole’ 12 edizioni diciamo così normali e tre all stars, qualcuno in Italia, accortosi forse dello straordinario successo del format americano, riesce ad accaparrarsi i diritti di ‘Project Runway’ e il solito Murdoch fa sbarcare  sulla piattaforma Sky la versione italiana dell’ormai storico, nel suo genere, show di moda per aspiranti stilisti.

Inutile dire che ho seguito con grandi aspettative la prima puntata, che arriva tra la fine delle settimane della moda più importanti e la Notte degli Oscar che ha premiato il nostrano ‘La grande bellezza’.

Tuttavia non ho potuto resistere, perché se qualcuno di voi di notte vaga per casa con fare circospetto programmando  incursioni in frigorifero per scorpacciate clandestine, io faccio lo stesso aggirandomi per il salone mentre tutti dormono alla disperata ricerca del telecomando che qualcuno avrà seppellito sotto chissà quale pila di giocattoli per gustarmi in santa pace le puntate registrate di ‘Project Runway’.

Bella la sigla, davvero differente da quella originale con Eva Herzigova che giganteggia sui concorrenti fasciata in un abito che enfatizza il mitico decollété da Wonderbra che l’ha lanciata. Dinamiche le riprese in esterni e difficile quanto basta la prima sfida centrata sulla personalità. E poi divoro il resto, soprattutto la passerella finale dopo il via della conduttrice con l’evocativo:  ‘ Let’s start the show!’.

Conosco bene la versione americana, la cui formula è ormai collaudatissima: 12 aspiranti stilisti armati di ago, filo, macchine da cucire, etc. etc. vengono progressivamente eliminati da una giuria di altisonanti nomi del fashion e dello show biz a suon di sfide abbastanza surreali e ad alto tasso di ansia a causa delle sole 24 ore a disposizione, fino ad arrivare alla collezione di 12 outfit dei tre finalisti che sfilerà alla settimana della moda.

Conduce  il programma la super top Heidi Klum accompagnata dal magnifico Michael Kors e dalla autorevole Nina Garcia fashion editor di Elle. Mentore dei concorrenti lungo il faticoso percorso tutto in salita Tim Gunn, prima preside e poi rettore della Parson the New School for design, una delle più prestigiose scuole di moda mondiali, che dispensa con incredibile tatto ed empatia preziosi consigli con l’ormai leggendario: Make it work! (ndr ‘Fatelo funzionare’, tradotto in italiano in ‘Dategli un senso’).

Già, mai espressione avrebbe potuto essere più appropriata. Non basta infatti mettere insieme gli ingredienti giusti per creare un piatto strepitoso. Una buona dose di determinazione, una leggera spolverata di cinismo che non guasta mai, un cucchiaio abbondante di passione, spirito di sacrificio quanto basta, una presa di maestria, un pizzico di personalità e creatività per guarnire il tutto… et voilà! Eccovi servite le prime creazioni della stagione italiana.

Tutto giusto, ma manca un po’ di pepe. Come quando una buona preparazione non è impiattata come si deve. Anche se non c’è una regola valida in assoluto, a  volte si ha la sensazione che qualcosa stoni. Certo il film si deve giudicare  alla fine, non per la singola scena, quindi forse alla fine della stagione l’impressione generale sarà diversa ma la struttura del programma non verrà certo stravolta.

Quindi come non notare le diverse dinamiche innescate dalla commistione nel loft tra la fase creativa e quella diciamo ri-creativa e della convivenza tra uomini e donne? Lampante è anche il diverso valore economico dei premi in palio, perché con tutto il rispetto sfilare a  Bryant Park prima e al Damrosch Park ora per la Mercedes-Benz Fashion Week di New York è il sogno di qualunque stilista o aspirante tale. Inoltre 100.000 $ per il lancio della propria attività sono un bonus su cui pochi  imprenditori in fase di start up possono contare.

Sarà che il ritmo un po’ cantilenante della lingua inglese rende i dialoghi dei concorrenti un po’ più frizzanti, rispetto alla nostra nobile ma un po’ verbosa lingua italiana. Sarà che la gestualità e le espressioni di Tim Gunn con l’immancabile lacrimuccia quando viene eliminato ogni concorrente sono insuperabili. Sarà che la solida Eva Herzigova è persona schiva e molto misurata, come ha dimostrato passando indenne con grazia ed eleganza e senza neanche l’ombra di uno scandalo attraverso quasi trent’anni di attività nel mondo della moda.

Fatto sta che i commenti un po’ teatrali di Michael Kors e le lapidarie sentenze di Nina Garcia, nonostante a volte un po’ intrisi del differente sense of taste degli americani, mi sono proprio mancati. O Forse sono io che devo ancora abituarmi alla severa giuria e al cast italiano affezionata come sono all’originale.

Ma a dirla tutta, dopo la rituale formula di proclamazione del vincitore della prova che avrà l’immunità nella puntata successiva e l’eliminazione del primo concorrente con l’ormai collaudato: ‘Mi dispiace, sei out.’, quello che mi è mancato di più è stato il sorridente ‘auf widersehen’ (arrivederci ndr) con cui insieme a due baci sulle guance la tedesca Heidi Klum congedava chi tornava a casa.

Dura vita quella dei programmi italiani mutuati da vincenti format americani… Certo però oltre alla tiepida stretta di mano, la splendida Eva  un bacio di consolazione alla concorrente eliminata poteva pure darglielo! Ma si sa, ‘Il mondo della moda è spietato. Un giorno sei in, il giorno dopo sei out’.

Voi intanto restate connessi. ‘Auf wiedersehen’!