“Quando c’era Berlinguer”

di Federico Caporali

Ci sono film che cambiano da occhio ad occhio, film che trasmettono emozioni diverse per ogni persona che li guarda, film che hanno la capacità di dividersi in tante piccole parti di infinito tante quante sono le parti delle personalità umane. Quello che vi presento questa settimana ha fatto in modo che tutto questo succedesse: di genere documentario, della durata di 117 minuti (comprensivi di titoli di testa e quelli di coda), a colori, prodotto da Carlo Degli Esposti, distribuito dalla BIM, diretto da Walter Weltroni e riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. “Quando c’era Berlinguer”. Il film “comincia” con una serie di interviste ad alcuni giovani ai quali viene chiesto chi fosse Berlinguer; le risposte sono tra le più varie: “Era un commissario“, oppure ” Non l’ho studiato, quindi è colpa del sistema scolastico“. Poi, invece, arriva una risposta “giusta” e sincera: “Era uno che parlava con il cuore e credeva nella politica con la”p” maiuscola“. Ed è vero, quel piccolo grande uomo la passione per la politica l’aveva; negli anni in cui Berlinguer fu segretario, difatti, il Partito Comunista Italiano raggiunse il suo massimo storico. “Ci sono uomini che più di altri hanno segnato la loro epoca, incarnandone le speranze, i timori e le scelte più importanti e a volte travagliate. Quando c’era Berlinguer è un racconto che mancava. Il valore in questo film sta proprio nell’impegno di chi l’ha ideato (e realizzato) nel racconto partecipe di chi l’ha conosciuto e di chi ha lavorato con lui“. Il film vuole essere una biografia non autorizzata, un momento per ricordare, uno stimolo a procedere. “E’ il racconto della solitudine di Berlinguer e dei suoi successi in una chiave narrativa che ha cercato di saldare i ricordi personali  dell’autore con i ricordi dei protagonisti del tempo”. Il regista ha cercato di ritrovare i luoghi della sua formazione, le sue lettere giovanili e le sue passioni per costruire un racconto corretto storicamente. Non si parla dunque solo del lavoro, ma anche dei passaggi storici che hanno accompagnato la Sua politica.

Vale la pena riportare in questo spazio le considerazioni che, durante una Conferenza Stampa, Veltroni ha voluto condividere con i giornalisti: “Era un uomo timido e riservato, competente, onesto e coraggioso. Impresse accelerazioni vertiginose alla sua comunità, fino ad immaginare una collaborazione con l’avversario di sempre: la DC. Era convinto che, in quel tempo aspro di guerra fredda, un partito che si chiamava comunista avrebbe potuto diventare una forza di governo solo attraverso un passaggio di legittimazione che presupponeva un accordo“. Come tutti i documentari che si rispettino, spesso si parte dal bello per arrivare al meno piacevole punto della questione. E così, durante la seconda parte, assisteremo al declino, al rapimento di Aldo Moro e conseguentemente alla morte dell’uomo che fece in modo che un italiano su tre votasse PCI. Berlinguer si è spento il 13 giugno 1984 portando al suo funerale oltre un milione di persone. Magari non “collezionerà” altrettanti spettatori, ma di certo il suo nome non verrà mai dimenticato. Un piccolo suggerimento: se avete vissuto quegli anni, se avete lottato con lui e se avete conquistato la fiducia nelle vostre forze in quel periodo, non andate a vederlo, rimanete a casa. Potrebbe essere per voi molto duro rivivere quelle immagini. Vorrei chiudere questo articolo citando Sandro Pertini che, quando apprese della morte di Enrico, volle trasportare la sua salma servendosi di un aereo presidenziale e motivando la sua scelta con queste parole: “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta”. Politici così non ce ne sono più. Anche questa volta è il cinema che ce lo ricorda.