Inframezziamo le nostre vite con un susseguirsi di eventi, di teorie, di messaggi subliminali e di comportamenti ad alto rischio. Tutte le persone attorno a noi hanno delle storie da raccontare, tutti seguono una piccola e personale battaglia; tutti parlano, tutti condividono informazioni con i propri interlocutori. Tutti, ma proprio tutti, cercano di convincere i destinatari dell’informazione che le proprie teorie sono giuste e che pertanto le cose andranno come loro le hanno ipotizzate. Le ipotesi sono belle: nella testa, spesso, floree e luminose, ci aiutano addirittura a trovare il sonno coccolati dal dolce pensiero che un giorno “tutto” si avvererà. Ma c’è un tempo per ogni cosa e una cosa per ogni tempo, e così, mentre i trentenni si arrovellano a trovare stimoli per il futuro e a cercare di non soccombere davanti alla responsabilizzazione e gli anziani passano le giornate davanti al bancone del pesce surgelato sperando che l’indomani le temperature siano più generose, gli adolescenti cercano i loro stimoli e inseguono le proprie convinzioni in quel che molti amano definire “tempo corrente“, ovvero il presente, l’oggi.
Il film che vi presento questa settimana parla di tre ragazze che in-seguono il proprio “sogno“, un sogno realizzabile, onesto, puro, passionale: diventare un gruppo musicale punk. Della durata di centodue minuti, a colori, di genere drammatico, prodotto in Svezia dalla Menphis film, sceneggiato e diretto da Lukas Moodysson “We Are The Best” vi catapulterà nel bel mezzo degli anni ottanta per seguire, passo passo, l’evoluzione di tre ragazze con la passione della musica punk e una forza di volontà che vi lascerà davvero a bocca aperta. Ma cominciamo con la trama: siamo a Stoccolma, precisamente nel 1982, Bobo (Mira Barkhammar) e Klara (Mira Grosin) sono migliori amiche senza la benché minima intenzione di vestirsi o di comportarsi come tutti i loro coetanei. Amano la musica e vivere fuori dalla massa. Un pomeriggio scoprono di avere la possibilità di utilizzare uno spazio in cui suonare e inventare la loro “capacità“. A loro si aggiungerà Hedvig (Liv LeMoyne) che, “a causa” dell’educazione familiare cattolica è attratta, quasi esclusivamente, dal loro anticonformismo. “Le tre ragazze cominceranno dunque a condividere le giornate e le passioni, occupandosi della più complessa fase di vita degli esseri umani: l’adolescenza“. In parole davvero stringate è questa la vera trama del film, trama che verrà ben spalmata attraverso una serie di scene tipiche svedesi (neve compresa) dalla presunta ironia che difficilmente riusciremo a capire. Come a dire, loro ridono, noi no. Il perché è scritto in una cultura popolare completamente differente. Ma andiamo oltre: per essere un film che sicuramente non rimarrà negli annali del cinema è (tutto sommato) piacevole, la colonna sonora è per “intenditori“, ma credo che gli appassionati di musica punk svedese, nella nostra Penisola, siano pochi (che mi perdonino se son di più); quindi all’occhio (e alle orecchie) di un perfetto ignorante in materia, la curiosità lascia spazio alla noia, quella noia che viene dettata non dalla pigrizia, ma, come dicevo prima, dalla lontananza concettuale.
Un conto è produrre un film in grado di comunicare le differenze anche agli altri, un altro quello di procedere sulla propria strada senza pensare minimamente alla fruizione che il “grande” pubblico potrebbe farne. E il grande pubblico, in questo caso, non se ne fa nulla. Mi dispiace molto affossare questo film, le attrici sono brave, divertenti, divertite e davvero molto spontanee nell’interpretare i propri ruoli, ma c’è qualcosa che non mi convince affatto, quel qualcosa che mi fa “dire” che questo lavoro, più che essere bello o brutto, è inutile: poiché privo di anima. Non di trama, non di dialoghi (che sono molto lunghi, corposi e fin troppo ambiziosi sulle labbra delle protagoniste), ma di quell’anima registica che c’è oppure è assente. Io non l’ho vista, magari voi ci vedete “il genio” ed io mi ritirerò a vita privata. Se i personaggi principali fossero stati altri, magari il tutto avrebbe preso più corpo, ma in questo caso no, il tutto rimane piatto, asciutto, ricoperto da una coltre bianca. Elementi positivi ci sono, certo, troviamo l’amicizia, quella vera e dei titoli di coda che vi faranno sorridere. Se volete vederli, però, vi dovrete sciroppare anche tutto il resto del film. In sala ero molto inquieto, questo vuol dire solo una cosa. In estrema sincerità “We Are The Best” ha solo un paio di cose che non possono essere soggette a critiche: il movimento con il quale si districano le storie e il non-poco- evocativo-titolo. Il senso. L’inno. Andatelo a vedere per il gusto e per la piacevole sensazione di ritrovarvi ancora in quella fase della vita. Per quanto mi riguarda, però, una volta mi è bastata. E avanzata.