Cinemando – “Quel che sapeva Maisie”

di Federico Caporali

Giusto due giorni fa ho incontrato un caro amico che non vedevo da tempo, eravamo in strada ed entrambi in ritardo, abbiamo avuto dunque occasione solo di fare delle fugaci chiacchiere. Parliamo di questo, parliamo di quello, ricordiamo un paio di serate in cui nessuno di noi sembrava una persona raccomandabile e ci siamo ripromessi di vederci al più presto possibile per rivivere, seppur momentaneamente, quei periodi, quelle serate e  quelle parole. Apparentemente non sembrava cambiato nulla, lui mi ha perfino detto che sono rimasto tale e quale a due anni fa. Prendendolo come un complimento (anche se con delle riserve) non ho saputo dirgli la stessa cosa; perché non era vero. E quello che vedevo in lui, in quel momento, era cambiato, era come se fosse una  persona completamente diversa. Lui non lo avrebbe mai ammesso ed io me lo sono tenuto per me, facendo la cosa migliore in assoluto. Ho ripensato a quell’incontro, a come “il detto” non corrispondesse a verità e a come le parole non spiegassero fino in fondo l’argomento trattato. Non che ci fossero contenuti vietati ai minori, questo no, ma si trattava sempre di una forma di educazione dettata dal galateo che in quel momento era del tutto fuori luogo. Avrei di gran lunga preferito la chiarezza e la spontaneità, caratteristiche che di certo non hanno avuto alcuni dei protagonisti del film che vi presento questa settimana: un lavoro che, nelle sale proprio in questi giorni, potrebbe appassionarvi a tal punto da farvi dimenticare  il fine settimana al mare che avete dovuto annullare  causa previsioni poco rassicuranti: della durata di novanta minuti, a colori, americano di produzione, diretto da Scott McGehee e David Sigel, “Quel che sapeva Maisie” (What Maisie Knew) è un spaccato di vita visto dagli occhi di Maisie, una bambina di sei anni che osserva, in silenzio, quel che accade nella sua vita durante il divorzio dei genitori. Entriamo nello specifico: Susanna (Julienne Moore) è una madre come tante, di professione Rockstar.

La sua caratteristica principale è quella di essere disorganizzata; non più giovanissima cerca in tutti i modi di rimanere sulla cresta dell’onda; Beale (Steve Coogan) un padre, è sempre in viaggio per lavoro, cosa che ha sempre messo davanti a tutto il resto. Maisie, loro figlia, dell’età di sei anni, sta nel mezzo, contesa da entrambi per l’affidamento. La bambina, divisa tra le due “famiglie“, stringe un buon rapporto con Margo (Johanna Vanderham) la nuova moglie di Beale e con Lincoln (Alexander Skarsgard) nuovo marito di Susanna. I due, per il bene della piccola, si incontrano spesso e cominciano a garantire a Maisie la stabilità di cui abbisogna. Dal canto suo, quest’ultima, non si lamenta mai e fa sempre tutto quello che gli viene chiesto di fare, anche se non le sta bene. I suoi genitori naturali, in continuo conflitto, la ricoprono momentaneamente di attenzioni per poi scappare ad occuparsi delle loro vite. Quando sono con loro figlia promettono tutto, poi, nello specifico, non combinano mai nulla di buono se non dare quell’eccesso di amore che la piccola proprio non riesce a sopportare. Lei è pienamente consapevole di chi siano i suoi genitori, e sa anche che le vorranno bene sempre, ad ogni costo, ma è anche sicura che il suo ambiente ideale sia con Margo e Lincoln, nel frattempo caduti nella trappola affettiva. Una trama molto bella che si completa chiaramente con la visione, con i dialoghi, con i litigi, con le intemperanze e con le fragilità di chi la occupa; a parlare, però, saranno soprattutto gli occhi di Maisie, troppo intelligenti per arrabbiarsi e ancora troppo giovani per capire fino in fondo il perché di tutto questo. La fine molti di voi l’avranno già immaginata,  ma per questa volta passi pure, non si può star sempre con l’ansia che le cose non finiscano nel modo in cui vorremmo lo facessero, che diamine! Il lieto fine ci sarà, ma resterà comunque il peso del “senso” che inarrestabile posa il discorso su un problema molto attuale e molto diffuso. Lungi da me l’idea di fare delle statistiche, in questa occasione sarebbero davvero poco appropriate, ma se andrete a vedere questo film, magari potrete accorgervi che la “parte” in cui siete stati fino a questo momento non è quella giusta. Poi chissà, tanti sono gli spunti che una visione ci può dare, basta solo saperli cogliere.

Classicamente “etichettabile” come un film per adulti che parla di bambini, “Quel che sapeva Maisie “, ancora un’altra volta, pone il cinema ad occuparsi del sociale e ad approfondire quegli aspetti che, magari, possono sfuggire all’interno della vita troppo frenetica che ci siamo scelti. Tornando come ormai di consueto all’inizio di questo articolo, se vi capiterà di incontrare, in un futuro, una persona che non vedevate da tempo, siate gentiluomini, o tacete o mentite. Perché trovare le giuste parole, a volte, è davvero la scelta più rovinosa da prendere. Se avete dei problemi, risolveteli in altre sedi. Buon viso a cattivo gioco.  Se non volete farlo con i vostri coetanei, fatelo almeno con i bambini, che davvero, non hanno responsabilità alcuna per la poca correttezza stilistica di alcuni genitori.