Dicesi “luogo comune” un’opinione, non necessariamente vera, la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l’ovvietà o l’immediata riconoscibilità. In letteratura è detto “tòpos” e indica il ricorrere di un tema in un autore. Il termine deriva dal latino “locus communis“, la piazza, dove le persone si incontravano e conversavano. A volte è davvero complesso incidere sulle parole quando non sono ancora abbastanza calde per poterle modellare; e così, senza perdere altro tempo, mi accingo a presentarvi il film di questa settimana: senza concetti, introduzioni, note a margine o arzigogolati andirivieni socratici. Della durata di novantotto minuti, a colori, di produzione francese, vincitore del Premio César come miglior debutto nel 2012 e diretto da Sylvain Estibal “Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente” narra la storia di Jaafar (Sasson Gabay) uno dei tanti pescatori palestinesi che vive lungo il muro della striscia di Gaza. Il nostro caro protagonista non se la passa propriamente bene: i creditori gli stanno alle calcagna, Allah sembra averlo dimenticato e come se non fosse ancora abbastanza, la sua vita viene sorvegliata da Israele e incarnata nei corpi dei suoi militari che sono appostati sul tetto dell’abitazione in cui vive controllando ogni singola mossa all’interno della sua timida giornata. Come ogni giorno Jaafar esce in mare aperto per cercare di pescare più sardine possibili, il massimo che riesce a “intrappolare“, però, sono solo paia di scarpe.
Una mattina pesca qualcosa che lo lascia a bocca aperta: un grosso, grasso maiale vietnamita. Dopo essersi ripreso dallo shock iniziale (considerando l’animale impuro) decide di sbarazzarsene, il desiderio di qualcosa di meglio per lui e la sua consorte lo fa desistere; il maiale, dunque, dopo molti tentativi andati male, diventa una fonte inaspettata di guadagno: il pescatore trova nelle capacità riproduttive del suo “nuovo animale domestico” il business e la risposta alle sue preghiere, risposta che trova identità in una giovane colona russa molto interessata al maiale di Jaafar che, grazie al sue essere di sesso maschile, è in grado di fecondare le femmine a lei appartenute allo scopo di far nascere tanti nuovi maialini con un talento eccezionale nel fiutare gli ordigni esplosivi nascosti nel terreno.
Quando tutto sembra andare finalmente per il verso giusto, ahinoi, un gruppo di terroristi integralisti scopre “l’accordo” mandando letteralmente “in aria” il suo commercio e le sue sudate speranze di un’esistenza un poco più piacevole di quella attuale. Scampato alla morte, Jaafar deve dunque trovare un’altra soluzione per salvare di nuovo se stesso, la sua famiglia e il maiale (al quale sembra essersi affezionato). Ambientato nei nostri giorni, questo lavoro mette bene in luce la situazione del popolo palestinese, affamato e desideroso di lavoro e di libertà, una libertà non ancora ottenuta che si cerca di raggiungere a stento e quasi allo strenuo delle forze. Jafaar è un uomo docile, buono ma al contempo indurito da tutte le azioni militari che imperversano attorno a lui; è un pescatore la cui intelligenza gli permette ogni giorno di salvarlo dai sospetti dei militari israeliani. E così, da buon mentitore, riesce ad arrivare a sera grazie all’aiuto della sua fervida immaginazione. Il titolo e la locandina sicuramente incuriosiscono, ma solo dopo aver visto il film ci si rende conto di aver fatto la scelta giusta, poiché non è così frequente che un prodotto cinematografico tratti argomenti così seriosi come le diatribe religiose e territoriali usando come chiave di volta l’ironia maxima della narrazione, ironia concentrata proprio sul rapporto “umano” tra i due popoli.
“Il regista, in qualche modo, ha rischiato lasciando che il suo protagonista agisse maldestramente dentro gli spazi ridotti della vita e della pesca di Israele“. Ovviamente la figura del maiale sarà fondamentale, poiché sarà lei che darà il via a tutti gli eventi, ai problemi e agli scandali. La sceneggiatura è buona, i dialoghi sono fini, sottili, inventati e distribuiti laddove è giusto che siano. Parole dette velocemente, concetti elaborati lì, sul momento e in grado di salvare una vita oppure di condannarla. Per quanto ci siano molti personaggi secondari e molti antagonisti, l’attenzione, per tutta la durata della pellicola, rimane quasi sempre incentrata su Jaafar e sulle sue molteplici scappatoie. In conclusione posso dire con assoluta certezza che “Un insolito naufrago” è un piccolo gioiello della cinematografia che con sofferenza, lacrime appena accennate e cauti sorrisi ci informa, ci esalta, ci fa riflettere e ci lascia con un bagaglio culturale e politico molto difficile da non notare. Le ambientazioni sono povere, spoglie e al limite dell’umanità: luoghi tristi e senza una propria vita dove la popolazione palestinese sopravvive cercando di non turbare la sottile linea dell’intolleranza. Tutti i caratteri di questo lavoro sono persone comuni, con storie altrettanto comuni che si sono ritrovati, non per caso, a vivere una realtà al di fuori della loro reale aspettativa di vita: obbligati a sorvegliare gli altri ma prima di tutto attenti alla propria pelle.
In questo lavoro non c’è tetto dove ci si possa appostare e non c’è letto dove ci si possa nascondere per essere al completo riparo dalle “intemperie” politiche in atto nel Paese. Personaggi forti e a modo loro “progressisti” compongono il tutto, cercando di risolvere il “problema suino” con ironia, maniere fintamente rozze e quell’umanità che avrebbero dovuto perdere già da un bel pezzo di storia. L’unico forse che si salva da tutti questi grovigli storici, culturali e politici è proprio il maiale che, allegramente inconsapevole di quello che sta accadendo intorno a lui, è l’unico ad essere felice di essere stato pescato evitandosi così la certa morte. Avere un paio di ali, in questo caso, è stato per lui una fortuna. Utilizzate questo lavoro come un promemoria poiché a tutti potrebbe capitare, durante questi mesi estivi, di imbattersi in un qualcosa di “insolito” lungo le coste della Penisola. Andatelo a vedere, non potrei mai dirvi il contrario. “Il futuro comincia in questa notte, una notte in cui ci si perde. Insieme faremo schiudere un cielo, un cielo che rimarginerà le nostre ferite e porterà fino a noi il profumo di una nuova terra. Insieme.”