L’Amministratore Risponde- La società come amministratore

serenaa cura di Serena Ientile

Viene invece espressamente prevista la possibilità per una società, di persone o di capitali che sia, di ricoprire l’incarico di amministratore, purchè i soci illimitatamente responsabili ovvero gli amministratori o dipendenti incaricati di svolgere la funzione, posseggano i requisiti elencati.
La professione di amministratore di condominio, d’altro canto, è ormai considerata una tra le più emergenti ed è senza dubbio quella tra le più complesse e impegnative: i servizi che devono essere erogati in favore dei condomini, unitamente agli altri innumerevoli compiti che oggi l’amministratore è chiamato a svolgere, necessitano di precisa organizzazione, di puntualità e di garanzia. Ecco allora che, in coerenza peraltro con i principi contenuti nei più generali progetti di riforma della legge sulle professioni, l’amministratore – società ben può trovare spazio nel nostro ordinamento, anche a tutela degli interessi dei condomini destinatari dei servizi da essa erogati.
La questione aveva formato oggetto di non poche pronunce da parte dei giudici che, con argomenti non appaganti e non risolutivi, avevano dapprima escluso la possibilità per una persona giuridica di ricoprire la carica di amministratore di condominio in quanto il mandato doveva assegnarsi esclusivamente a persona fisica (Cass. 9 giugno 1994, n. 5608) e poi invece l’avevano ammessa per le sole società di persone (in nome collettivo o in accomandita semplice), sul presupposto che in tali società l’amministrazione e la rappresentanza spettano a ciascun socio disgiuntamente e che nulla, nella disciplina condominiale, porta a escludere che la carica di amministratore possa essere ricoperta da più persone (Cass. 24 dicembre 1994, n. 11155).
A ciò si aggiunga che la sempre più persuasiva diffusione del fenomeno delle aggregazioni in genere e delle società in particolare aveva poi indotto il Legislatore a prevedere, con il D,Lgs. 231/2001, la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reati, stabilendo la responsabilità dell’ente per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dagli amministratori dell’ente stesso o da persona che ne esercita di fatto la gestione e il controllo. Su tali presupposti i giudici milanesi, confermando per altro la loro ormai guadagnata fama di innovatori in materia condominiale, si erano spinti ad affermare che in assenza di precisi segnali contrari e nella proiezione di una lettera dinamica delle attività economiche, doveva ritenersi pienamente legittima l’affidamento della carica di amministratore di condominii a una società di capitali (Cass.18 novembre 2004, n. 13198).
La complessità dei compiti che l’amministratore deve svolgere in favore dei condomini ben giustifica quindi l’affidamento a una società dell’incarico di gestire il condominio. Una organizzazione ben strutturata, quale appunto una società, è infatti in grado di meglio far fronte a tutti gli ormai giornalieri incombenti che devono essere svolti dall’amministratore per soddisfare le richieste dei condomini.
Le attività che l’amministratore di condominio è chiamato per legge a svolgere non richiedono, a ben vedere, una sua personale prestazione, ma solo gli impongono di assumersene la responsabilità. Il condominio, in buona sostanza, non pretende che il rendiconto della gestione sia personalmente redatto dall’amministratore, ben potendo tale incombente essere svolto da qualche collaboratore del suo studio: l’importante però è che venga redatto nel rispetto dei principi contabili e di trasparenza. Ciò significa che il condominio, più che fidarsi della persona dell’amministratore, confida nell’esatto adempimento da parte di costui dei compiti che la legge gli impone di svolgere per la gestione di condominio: la sua scelta quindi viene condizionata, piuttosto che dalla personale capacità dell’amministratore, dall’organizzazione operativa che questi è in grado di mettere in campo al fine di correttamente amministrare il suo condominio. Ecco allora che oggi il mandato conferito all’amministratore ha perso quel carattere personale che prima innegabilmente lo caratterizzava, quando cioè l’amministrare un condominio richiedeva solo una capacità nel fare i conti e una cristallina onestà nel maneggiare i soldi altrui.
Oggi serve anche questo, ma non basta,. Da qui la piena legittimità dell’incarico di amministratore di condominio conferito a una società, sia essa di persone o di capitale, trattandosi appunto di un incarico per lo svolgimento di una attività che, al pari di molte altre, riesce ormai a raggiungere i risultati voluti dai condomini solo se svolta non già individualmente, bensì in forma associata o mediante la costituzione di società, al cui interno ognuno avrà un proprio compito, non ultimo quello di provvedere a una propria personale formazione in quei precisi campi, tra quelli condominiali, dove è chiamato direttamente a operare. Nè può costituire ostacolo a simile previsione il tanto richiamato concetto secondo cui il carattere strettamente personale che attualmente riviste il mandato dell’amministratore garantirebbe maggiormente il condominio nell’accertamento di responsabilità nel caso di cattiva gestione. Sotto tale profilo, non sussistono certo problemi per l’affidamento del mandato a una società di persone, dove, come si è visto, l’amministrazione, salvo contraria pattuizione, spetta a ciascun socio disgiuntamente.
A ciò si aggiunga che nel nostro ordinamento il rapporto fiduciario ben può coinvolgere a escludere che il rapporto di fiducia che deve necessariamente esistere tra amministratore e condominio possa venir oggettivamente meno nel caso di nomina di una società. Quanto poi al timore che la nomina di una società possa limitare la tutela risarcitoria del condominio perchè limitata al capitale della società, è solo il caso di osservare che la società risponde con l’intero suo patrimonio delle obbligazioni assunte.

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