E’ quanto riportato nella sentenza n.8883 del 3 marzo 2016, nella quale la Corte di Cassazione è tornata a chiarire la ripartizione di ruoli e responsabilità tra datore di lavoro e dipendente nell’ambito della disciplina sulla sicurezza.
Corte di Cassazione, Sentenza n.8883 del 3 marzo 2016
In particolare, la questione verte sulla portata dell’art.2087 c.c., norma il cui carattere aperto impone al datore di lavoro di approntare, a fronte dei continui cambiamenti tecnologici, dei fattori e dei processi della produzione, tutte le misure «…necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
Nel caso di specie, l’intervento della Suprema Corte è giunto a seguito del giudizio con il quale la Corte di Appello aveva condannato l’amministratore di una società ed il responsabile del servizio di protezione e prevenzione (Rspp), per le lesioni subite da un dipendente caduto dal tetto di un capannone.
Nel corso dell’istruttoria era emerso che la sera prima dell’incidente, l’amministratore ed il lavoratore, un elettricista manutentore, alle dipendenze dell’azienda da cinque anni, si erano recati per un sopralluogo presso il capannone del committente, valutando sia il lavoro da svolgere sia le attrezzature da utilizzare al fine di approntare le misure antinfortunistiche del caso.
A tale proposito la Suprema Corte ha escluso che sul datore di lavoro incomba un obbligo di vigilanza costante sull’operato dei dipendenti, specie dopo che siano state stabilite le modalità di svolgimento delle prestazioni, e che sia stato informato il Rspp dei mezzi da utilizzare. L’infortunio avvenuto in simili circostanze, pertanto, ove scaturito da un comportamento negligente posto in essere autonomamente dal lavoratore, non può in alcun modo essere imputato alla responsabilità datoriale.
Se è vero che, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, tra le obbligazioni del datore di lavoro rientra quella di garantire ai suoi sottoposti un ambiente sicuro e salubre, è pur vero che, in relazione alla propria esperienza, il lavoratore è in possesso di una determinata capacità di prevedere e valutare il fattore causale di rischio connesso a comportamenti abnormi ed imprevedibili.
In virtù di tali considerazioni, la Cassazione ha concluso ribadendo il c.d. “principio di autoresponsabilità del lavoratore”, in base al quale il datore di lavoro che abbia ottemperato a tutte le obbligazioni a tutela della salute dei propri dipendenti non può essere ritenuto responsabile dell’infortunio accaduto ad uno di essi a seguito di una condotta negligente, avventata e imprudente.
Dott.ssa Fabiana Onori
Partner Studio Pollastrini